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SPLENDORE DEL VENTO. L'Amicizia (fr. 2014)

EB di Terzet

 a monsignor Bruno Perazzoli

 in San Paolo di Piacenza

 uomo di fedeltà e amicizia

 

 

 

 

Giustizia dove scappi

devo portarti in galera

arrenditi all’ingiustizia sancita

dal distintivo, non arretrare.

Io il fuorilegge ti seguirò

sino all’inizio del mondo

ti prenderò ti getterò tra

del lurido letame, tra i topi.

Arrenditi ribelle giustizia

ti scoverò anche se ti nascondi

nel luogo più santo del cosmo e

sconterai il tradimento tra la melma.

 

 

 

all’amico Frascio, medico

 

Noi medici non possiamo

fermare la morte

tormento e tristezza

non per quelli che

si credono onnipotenti.

Nel sapere dell’insufficienza

umana e scientifica, coscienza che

se fossimo avanti nessuno morirebbe

come vorrebbe il Dio a cui crediamo.

Vorremmo essere avanti

più avanti e rimaniamo seduti

sugli scalini a mangiare plastica.

Siamo al punto dove siamo

di più non possiamo se non

interviene sulle nostre mani

qualche miracolo

 

sai talvolta avviene

a me non ancora ma

 

 

 

 

 

 

19 marzo 2013

 

La mano robusta

abituata alla sporcizia

pulì carezza infinita

il corpo contorto.

La mano salì e scese

allegro pettine toccando

come parola dettò

quella miseria non solo

dall’immortale pulita.

 

 

 

 

 

 

Padre perdono,

Ho peccato di vanità

Desiderando d’essere famoso.

Padre non tradirò più,

Continuerò ad essere poeta

Come tu chiedesti.

 

 

 

 

 

 

Pudore inutile e paura

 

Singolari talora forti

Tentiamo con l’aiuto di

Leggende o narrazioni

Canzonette o miti

Di dire risposta

Alle parole impraticabili

 

 

 

 

 

 

a Romolo Rossi

 

L’amico svaria tra paesaggi

Poeti al calar del sole

Con memoria di nebbie

Tra gioie e contentezze

Fila via il legno sicuro.

Antico e presente niente

Impedendo il volo alto

Azzurro

 

 

 

 

 

 

La ballerina di Genova

 

Balla sul filo attenta

al roteare perfezionando il moto.

Scende nel duro terreno

non distratta dalle chiacchiere,

lassù ripensando alle figure

che volerà sicura

di fili che sola sente,

che solo il suo gene

potrà interrompere.

 

 

 

 

 

 

Il mito d’Europa

 

Sazia e accomodante

Disperata e simulante

Tu Europa desideri

Il declino, rimanendo gonfia

Che strozzeranno il tuo collo.

 

 

 

 

 

 

ascolta e velocizza l’evoluzione,

non lasciare che indietro rincorrano bestie,

allarga sulle teste umane l’intelligenza

da quella che ho perché responsabilità

cresca per curare gli altri ammalati.

 

 

 

 

 

 

Aladino

 

Se ne sta Aladino

le scarpe a punta

foresta di capelli neri

di possibili frutti velenosi non

per lei che sugge il bel profumo.

Quando ricrescono Aladino

spella i pomi incurante

della parola magica

da quando incontra bellezza.

 

 

 

 

 

 

per Simone Cattaneo

 

piove a Lourdes e su Simone

terribile voce

desiderosa d’amore

 

 

 

 

 

 

epitaffio provvisorio

 

Sono poeta. Pensai e amai

Senza perdermi, tra cari amici

Don Bruno Romolo Mariuccia

Paolo e don Raffaè. Gradirei che

L’Eterno avesse letto i miei poemi

Perché mi fido del suo giudizio.

 

 

 

 

 

 

sii poeta

chi lo saprà

tu

gli amici

dio

 

mi sembra un buon uditorio

 

il poeta annuì

l’uomo tacque

 

 

 

 

 

 

guardo in su

vedo le stelle

sorrido del trucco

 

 

 

 

 

 

Ditemi qualcosa di bello

di buono magari con voce incerta

quasi pietosa bugia, ma ditelo

quando posso ringraziarvi

con un sorriso. E quando

non potrò rispondervi

risparmiate piante e fiori

aggettivi impensabili,

non dite mai solare

non battete le mani

ricordate piuttosto

quando vi ho strapazzato

quando vi ho pulito l’abito

con due pacche robuste

quando vi ho offerto

il disgustoso caffè accademico,

quando abbiamo gustato una

buona cena assieme, se volete.

 

 

 

 

 

 

In questo tempo senza spazio

polveroso e senz’acqua,

s’infiltra ogni giorno

tra i denti del giovanotto

che si gode musica e vino,

tra le gonne della ragazza

che sogna amori tatuati,

un moschino appiccicoso

pericolo non avvertito.

 

 

 

 

 

 

passione

 

Batte la testa infiammata

pioggia sul costato incrinato

sporca il corpo asciutto

vento e grandine

fustigano il vincitore

solo sul Mont Ventoux

 

 

 

 

 

 

I 59 di Jebel Sahaba

 

Escono improvvisi e lenti

I caimani dai denti curati

Vanno per la sabbia bruna,

Con loro i falchi pellegrini

A trovare le ultime briciole che

Ipocrisia falsa pietà invero crudeltà

Ha ibernato per la gloria dei musei,

Bloccate nell’atto giuridico

Sancito dal radiocarbonio.

 

Tanti uomini tante donne

bambine e ragazzi morimmo

per difendere la patria il dio nostro

la cultura contro i predoni del mare

visti sul fiume che devastarono tutto.

Con poche lance difendemmo i larghi orti

i giardini verdeggianti di rosso e giallo

i cavalli i carri fregiati e il palazzo del re.

Tutto finì nel giro di una luna e il sole

non vedemmo più le vallette di dolci acque

dove allegri nuotammo, più le bevute

del nostro vinrosso, i canti i balli la musica

del maestro, non più poesie carmi salmi e

le processioni del nostro sacerdote, non più.

 

Adesso vogliamo esser lasciati in pace

e il calore sopravvenuto ci salverà forse

dalle orde di turisti e studiosi, la sabbia

ci ricoprirà per vivere in pace con amici

ed amanti lontani da questi nuovi barbari.

 

 

 

 

 

 

Trittico per Nicolas de Staël

 

 

 

La Cathédrale, 1955

 

Un istmo di strada nera

si blocca al portale,

il cielo mangia il campanile

di una cattedrale bianca,

blocchi giallastri

striscia di rosso,

equità e giustizia

tra colori in una

inconsolabile speranza.

 

 

 

 

 

 

La Route d’Uzès, 1954

 

La strada corre gobba

Tra campi neri

Un verde compatto.

Respinta ogni fuga

Dietro non c’è niente

Che spinge al varco quasi

Invisibile, ma due bianchi

Fanno correre la mente

Cercando una curva sinistra.

 

 

 

 

 

 

Paysage, 1954

 

L’orizzonte una sottile linea

impastata di rosso e giallo

ebbrezza e inconsistenza,

un grigio di collera tenuta

non il grido che circonda

tutto di un peso che pesa.

 

 

 

 

 

 

Le foglie cadute

Riprendono vita

Quando il vento

Le alza qua e là sopra

Le foglie festanti

Per rinnovata amicizia.

Vivendo in un’isola

Con bel venticello

E profumata, dico

Agli amici non posso

Venire, devo curare

Le rose e poesia.

 

 

 

 

 

 

Il mondo

 

L’agave circondata dalla polvere

si sforza di vivere così, poi

innalza un fiore esasperato

per morire ignorata.

 

Le poiane delle Galapagos

sono uccelli testardi che sentono la fine,

stanno lì indistinte per stupidità

o perché seguono disposizioni future.

 

 

 

 

 

 

Cineclub

 

Andata e ritorno vanno

gli uccelli migratori,

forse lo sanno forse no

come gli elefanti che ripercorrono

le note piste e le gazzelle che

dalla brughiera vanno verso

le colline dì erbetta fresca.

Forse lo sanno forse no,

noi crediamo di andare avanti

retrocedendo verso l’Origine

svolgendo storia e cronaca

come se fosse l’autentico reale,

non un filmdoc che un regista amico

girò per la comprensione dell’uomo.

 

 

 

 

 

 

Padre, salva questo povero corpo

che lotta con l’anima sua,

colpevole solo di una crescita

disordinata da maree impetuose.

Lasciala vivere, Padre,

giovane donna ignara d’amore,

fai che riprenda a vivere

nell’intelligenza, sorridendo al cielo

senza vedere solo brutto tempo.

 

 

 

 

 

 

überborges

 

Ringrazio il divino intrigo per

 

la pigrizia che ci salva dagli errori

Matisse che tira fuori i colori dal mondo

la signorilità degli attori inglesi

tutti gli dèi creati dall’uomo

Il biliardo di Braque dove mi piacerebbe giocare

la nobiltà partigiana de La battaglia di Algeri

l’eccezionale naturalità di San Francesco

l’elmo divino del Guerriero di Capestrano

gli Angeli e la Carnazza di Loredana

i tramonti di Genova

la Madonna del Parto che non partorirà mai

La Battaglia di San Romano dove non c’è dolore o morte

 

Petrarca e Leopardi che hanno sconfitto montagne e siepi

Francis Bacon che non resiste alle sue pitture

la grandiosità della Cappella di Ronchamp

le battute linguistiche di Totò

l’orgoglio delle rose inglesi

Michelangelo che ebbe la meglio su Giulio II

Auden che riscatta la bestialità

le solenni solinghe chiese di Botta

le mele di Cézanne perché immangiabili

madre Teresa che mantenne la parola

suor Gertrude a cui non scrivo mai

Vittorio Mariangela Monica e Patty Pravo

 

il Brasile che giocava un football da impazzire

Federico e Claudia buoni genitori di Leonardo

quel temerario di von Balthasar

tutti i soldati che hanno paura e pietà

Andrea che ha capito perché lottare

Santa Maria Maggiore a Lomello senza turisti

l’ultimo libro di Merleau-Ponty

Duchamp che inganna ancora i grulli presuntuosi

il dolore di cui non ho capito ancora il senso

Napule è di Pino Daniele

la musica elettronica incomprensibile come il dolore

la bontà e gentilezza di Camus

 

il letto che riposa le ossa e attira i sogni

l’alba che permette agli uccelletti di parlare

la giraffa a cui non basta il collo

le zanzare di cui non so l’utilità

i topi e gli scarafaggi che temo

la bellezza dei nudi di Modigliani

l’amicizia dei don Bruno Giuseppe Filippo

Teilhard de Chardin che vide lungo e bene

l’incompiutezza delle opere umane.

 

 

 

 

 

dopo Hopkins, da Auden, con loro e poi

 

I

 

Padre, tu sapevi e sai

Tu che hai scritto per i morti

aiutami a parlare attorno all’isola

piccola e felice tra l’oscurità della notte

le luci della festa, isola di chi

Tu conoscevi, a cui raccomandavi persone

in pericolo di ogni dissennatezza

errore o macchinazione, soprattutto paura

legandole ad un discorso più alto di quanti

sentiamo, non coro ma riti stanchi

di uomini slegati dall’Eterno

superstiti di Chardin e Nietzsche.

Parole consumate da una retorica falsa

che anche te, Padre, colpì come critico

di quello che già criticava il Maestro tuo

contro tribunali e curie di dorate lenti,

lasciata senza parola piena

ripiena di possibilità di scegliere

la vita propria oltre ogni dispersione

oltre ogni sogno cristallizzato.

 

II

 

Non posso seguirti, Padre, nella consonanza

di una poesia dotta e lineare

in lingua ed epoca diverse e data

la differenza tra noi d’intelligenza,

accetta il mentre dico.

So che la poesia oggi non è accettata

come i superiori tuoi, non calata nella gente

nostra che la vede destinata non a sé

ma per le vacanze di chi pensa al pil.

Poeti, che tentano di essere pari

al loro gene, di avvicinarsi alla destinazione

ultima dell’umanità, al punto di arrivo e di partenza

dove il capitano saluta allegro la nave senza

idea di naufragio, fidando dell’amico in plancia.

 

III

 

Padri, tutti coloro che hanno aiutato

entrino nella poesia, nel continuo pensiero

legato a quello generante del Padre, e

vi chiedo compassione e pietà

per quelli che cercano e desiderano capire.

 

 

 

 

 

dialogo

 

se ne andarono insieme

dormendo morendo

sfiniti

 

( si riposi

non potevo fare di più

ha fatto il suo meglio

ho paura

non c’è ragione

mi prenda la mano )

 

 

 

 

 

camminando, rasato di fresco

 

si può contrattare con l’eterno

o solo parlargli senza risposta

sapendolo prima e continuando.

Ringraziamo per il buon vivere

per i giorni quando non avevamo

neppure il desiderio di morire, e

vivevamo come il bel ragnetto

della Namibia arrotolandoci

per sfuggire alla puntura fatale

e morire di caldo sulle dune.

Possiamo contrattare con l’Eterno

sapendoci partecipi della sua natura

precipitati per una questione chimica

in una vita che si risolve come sappiamo.

Eppure sappiamo anche che ragnetti

bianchi non siamo, qualcosa di altro

di cui rimane secreto e assolato il perché.

Rimettendoci ogni attimo alla parola data

ogni secondo non credendo più che

si mantenga la parola. Sapere e credere

s’intersecano se non addirittura sinonimi,

ma ditelo a chi ha perso l’amante, a chi più

non ha ricordo e memoria, a chi impegna

il suo cuore e la sua mente per

non essere più straniero in questa terra

dataci toltaci ripresa ritolta - così sembra -

da umano che più non è ed ha pervertito

la funzione in essenza.

Possiamo stare così in questo mondo

o in altra galassia senza l’unicità degli esempi,

senza una parola intagliata tra parole,

una piccola frase amica, una pacca

sulla spalla che riaccende il motore

per tutte le miglia dovute beffando

ogni potere del cruise control.

 

 

 

 

 

Viva l’Italia

terra di cuore tradito

mare di morti del mondo

cielo dipinto da Giotto

confida

nei suoi santi

ribelle paziente

 

 

 

 

 

e non finisce mica il cielo

(in onore e gloria di Mia Martini)

 

distratti dai rumori mondani

non sentii il grido trasformato

in canto d’amore

colando sangue ed acqua

donna perdono amica

per non avere ascoltato.

 

 

 

 

 

nel campo rosso

 

volevo che fosse

quello che era

non solo un rabbi,

lo amavo

l’avevo capito

volevo salvarlo

 

 

 

 

 

Non smetti di giocare

perdi tempo

mio Signore:

Amico mio

mi riposo

dai problemi d’Oriente.

 

 

 

 

 

braccio della morte

 

ho vissuto male

non so chiedere

malvagio terribile,

non fui sempre così

che dici non sento

non parli più

 

 

 

 

 

Sahara

 

Quando i tamburi dei gin

levigano gli scheletri

gli uomini del deserto

mangiano un dattero

per diminuire la fame

 

 

 

 

 

e il nulla

è ombra

della luce

 

 

 

 

 

sentieri interrotti

 

Nei momenti difficili

andava nel bosco

attendendo.

Un giorno cambiò

direzione e trovò

solo paura e speranza.

 

 

 

 

 

quando l’oracolo

parla parole confuse

si svuota lo spirito

si annulla il sentire

insensato e irritante

l’incenso del tempio

 

 

 

 

 

in cerca di fonti sacre

con rametti intrecciati

domandano di morte

vicina o lontana

perdono il giusto

posto dove riporla

 

 

 

 

 

appallottarsi

come i ricci

nella preghiera

 

 

 

 

 

dove il giorno

prevale la notte

rosso punteggia

 

 

 

 

 

Un lupo incontrai

Porgo la mano

Viene deciso

Vicino al pane

Tranquillo mangia

Un caro amico

 

 

 

 

 

dopo Benn

 

poesia è

relazione non

tra un io e ieri

ma

tra tu e il futuro

 

 

 

 

 

stanno i passeri

immobili

al tocco

volano via in coro

ritornano

senza un perché

 

 

 

 

 

silenti lucertole

bacche tranquille

rumori di nuvole

 

 

 

 

 

trovare eternità

nei semi

demoni

angeli

dentro

sapere tutto

no il perché

 

 

 

 

 

calmare la tempesta

con coraggio e scienza

custodi del bastimento

 

 

 

 

 

un giorno

qualcuno

porrà un falso

neurone divino

nel cervello

eletto

 

 

 

 

 

per Hölderlin

 

cerchi maestri

di lingua divina

tu che il mondo

di parole marchiasti

dicendo

lo splendore del dio

 

 

 

 

 

gli Alessandri

 

il peso

del sangue

ghiaccia

le notti

di chi

domina regni

 

 

 

 

 

nel finger

passione

nuda

la spossata anima

singulta

per una carezza

 

 

 

 

 

giustizia

accettiamo

non certo

bilancia

 

 

 

 

 

ti avvicini

Padre o

continui i segni

che solo

pazzi santi poeti

sentono

 

 

 

 

 

Il cavallo di Troia

 

dono

troppo divino

giocato

a se stessi

per stanchezza

di spirito

 

 

 

 

 

stanno

le rose

maestose

l’edera

striscia

mortale

 

 

 

 

 

Amo le foglie della vite

Sicure e felici di essere foglie

Gioisco delle foglie della vite non

Solo per il vino ma perché donano

Il gusto dell’umano e del sacro

Il divino riassunto nell’orlo.

 

 

 

 

 

a poche cantanti

 

 

 

l’urlo

i suicidi

macchiamo

di applausi

per dimenticare

il dolore di tutti

 

 

 

 

 

agli ignoti e dimenticati, da sempre

 

 

 

difese un corpo col corpo

affogò per non far annegare

carbonizzò per non far bruciare

soffocò per far respirare

salvò nemici per non uccidere

si sacrificò per non morire più

 

 

 

 

 

ai caduti, da sempre

 

 

 

Almeno gli uccisi

dall’inizio del mondo

Padre salvali

dalla consumazione

rinati su verdi campi

santi per il loro martirio

 

 

 

 

 

ethos daimon ti

 

 

 

lasciata la mano

non seguito l’intuito

rincorre copia

desiderio taciuto

 

 

 

 

 

 

Padre

non ce l’ho con te,

iddio o profeta

ti voglio amico,

e quando tremerò

voglio averti vicino

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