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LA PELLE DEL TAMBURO E LE PUPILLE DEL TEMPO

V.S. Gaudio

AS01

 

1.    I due esagrammi dello stile di Antonio Spagnuolo

L’esagramma stilistico[i] relativo a Candida, Dieci poesie d’amore, Infubul/azione è il n.49.Kô. Il sovvertimento: “l’aggiustamento di un pozzo deve necessariamente essere sovvertito col tempo”[ii]. L’immagine: “Nel lago vi è fuoco”, l’acqua spegne il fuoco, il fuoco evapora l’acqua. Da qui, il poeta ordina il calcolo del tempo e appronta il paradigma per un facitore di calendari. La muda che avviene tra pantera e faccia: le macchie sintagmatiche della pantera sono più fini di quelle della tigre e non hanno niente del paradigma dell’uomo comune.

 

AS02

 

 

L’esagramma stilistico relativo a Per lembi, Fugacità del tempo, Fratture da comporre, Misure del timore è il 17.Sui. Il seguire. In mezzo al lago sta il tuono: l’immagine del seguire. Gli eroi addomesticano il bue e bardano il cavallo. Così possono trascinare pesanti carichi e raggiungere regioni lontane. Il tuono della quiete invernale o del tempo del crepuscolo, questa è l’immagine del seguire. C’è una carrozza che è tirata dal cavallo, il quale è mobile come il cielo, il vento appartiene al cielo. Tra il Tuono, che sta ad oriente, e il Lago, che sta a occidente, il tempo che trascorre è la notte, come, durante l’anno, il tuono riposa nel Lago tra l’ottavo e il secondo mese.

 

2.    Preposizioni e formula di Brøndal

La preposizione chiave è a , mentre nelle Misure del timore e nelle prove più recenti sembra che il ritmo delle preposizioni di e nel sia mosso e ridiretto da tra: dall’ intransitivo asimmetrico-simmetrico(=a) si è passati all’ intransitivo simmetrico di di  o al transitivo asimmetrico-simmetrico  di in, con fra e tra, a tirar su il grado di tensione, senza per questo focalizzare il centro di gravità, vista la Pregnanza che, come linea superiore del trigramma che sta sotto il Lago, avrebbe avuto bisogno di una maggiore transitività.

Se adesso il sintagma base è costituito con la formula brøndaliana D-d-r-R(genitivo), prima la formula era più o meno questa: D-r-R-d(dativo)[iii].

Difatti, la pregnanza, o la posizione, quando è più evidente, ha il soggetto introduttore che in qualche modo rende fondamentale, o lo fa centro di gravità, l’oggetto reale oggettivo descritto.

Nelle ultime prove, l’oggetto non descritto o soggettivo(D) descrive il rapporto(dr) con un oggetto più o meno reale o oggettivo(R):

  • “Non riesco a raccattare fogli

dispersi tra  bugie

che recitammo per parlare d’amore”(“Declino”, da:Misure del timore)

 

  • “Il richiamo oscuro della civetta

ritorna al mio segno intimidito.”(“Ombra”, da: Misure del tempo)

 

3.    Lo stile intransitivo asimmetrico

Lo stile intransitivo asimmetrico della muda, con tutte quelle macchie fini che il sintagma ha, ha a che fare sempre con l’oggetto perduto, a, che fa da numeratore e il soggetto divisore che fa da denominatore: AS03

AS05

Tanto che il soggetto del desiderio($) è equivalente ad a , l’oggetto caduto, fratto S.

Allora, quando il punto d’angoscia si trovava al di là del luogo in cui il fantasma si assicurava nel suo rapporto con l’oggetto parziale e che il prolungamento di quel fantasma si faceva immagine del credito orale, era evidente come la funzione del taglio non fosse ancora netta nell’anatomia dell’oggetto o del Reale, tant’è vero che il punto d’angoscia è a livello dell’Altro e il taglio è un termine essenziale al campo del soggetto[iv].

“Il desiderio funziona[sempre] all’interno di un mondo che, benché esploso, porta la traccia della sua prima chiusura all’interno di quel che resta, immaginario o virtuale, dell’involucro dell’uovo”[v].

Sembra ovvio che il punto d’angoscia possa essere sulla stessa riga del godimento, per quanto il desiderio, che si rivolge sempre altrove, a un resto, a un resto costituito da quella relazione del soggetto con l’Altro, è illusorio[vi].

Questa compatibilità tra desiderio e punto d’angoscia, che, oltre che tirar su la complessità(la 5^ linea dell’esagramma), richiede per costituzione una pregnanza più che buona(la 3^ linea), cosicché gli archetipi sostantivi e lo schema verbale possano essere relati alle strutture schizomorfe del Regime Diurno, dall’occhio al Distinguere, e dalla pantera che balza di sintagma in sintagma con lo schema verbale Salire/Cadere.

 

4.    Lo stile transitivo asimmetrico e l’oggetto chiamato voce

Lo stile transitivo asimmetrico o transitivo asimmetrico-simmetrico, che non ha quelle macchie fini del sintagma della pantera, ha sempre a che fare con l’oggetto a, ma l’oggetto a ha a che fare con l’oggetto chiamato voce, che con la sua funzione apporta dimensioni diverse nel rapporto del desiderio con l’angoscia.

Nel Quadro(-φ) di Lacan, la voce è sulla stessa linea, sta sopra l’immagine, di a, che ha sotto la potenza dell’Altro, e del desiderio dell’Altro.

Il poeta addomestica così il bue, la pregnanza e l’iconicità, l’intelligibilità, e barda il cavallo, tra ambiguità, o polisemia, e complessità, e cerca di raggiungere regioni lontane; la carrozza, che è tirata dal cavallo ambiguo e complesso, è però poco carica di pregnaza e sembra così che sia poco mobile, ma è la voce, che, come il vento, appare al cielo, che il poeta ascolta o rincorre nel Tuono, Chên, che sta ad ovest, e il Lago, Tui, che sta ad occidente, e intanto passa la notte, il desiderio dell’Altro.

In questo stile dal ritmo sempre temporale ma più circadiano, gli archetipi sostantivi della voce e lo schema verbale sono rinvenibili nelle Strutture Mistiche, in cui l’antica dominante di posizione ha ora a che fare con lo schema verbale Discendere e l’archetipo epiteto Calmo e Nascosto.

La linearità sintagmatica colma la caducità della persona, tanto che, pur non avendo quello che, ad esempio, in Camillo Pennati[vii] è l’”incedere simultaneo”, l’immagine che rincorre la propria trasparenza, c’è per il tremore delle percezioni la vischiosità della vertigine che, riguardando il paradigma, opera come Vorstellung, quella “trasfusione dei significati” che Vygoskij abbina al meccanismo della memoria di breve durata e che qui il poeta usa come ribaltamento temporale o, se vogliamo, investimento affettivo definito della temporalità.

Quando c’è, nello spazio del godimento, questo continuo attrito sensoriale della memoria, che si fa apprensione della godibilità, le coordinate della libido del poeta non possono che essere ricavate con la  formula in cui l’oggetto a, l’oggetto caduto, quella famosa libbra di carne, avendo perso la densità del tempo, è obbligato non più a inseguire l’Altro ma a perseguirne l’alterità: AS04

in cui l’Altro barrato è equivalente all’oggetto a diviso Soggetto barrato.

Per dire che, oltre che con lo schema verbale del Discendere, abbiamo a che fare con i tempi della realtà narrata, tanto che la sequenza D-d-r-R, quando il sintagma rincorre l’oggetto a , il soggetto del desiderio finisce con il radicalizzare l’alterità come temporalità caduta, con l’imperfetto che assolutizza l’oggetto o il fantasma, l’oggetto a del fantasma è difficile che, così, transiti al meridiano(del godimento) del poeta.

 

5.    Il sintagma come tamburo kounyou

Tra pupille e luce, il tempo, ma non con la pulsione verso il fuoco provocato dallo sfregamento, che, in qualche misura, atterrebbe al “complesso di Novalis”: il tempo, lacerato tra luce e pupille, è nella melodia del Regime Notturno che sfrega gli archetipi sostantivi o, piuttosto, li suona, come se fosse il tamburo in forma di clessidra, che è sempre unione dei contrari ma anche ordine di timbri, di voci, di tonalità, di ritmi che hanno il ciclo drammatico delle stagioni e delle lunazioni, ma tra la manifestazione dell’universo e la fiamma del sacrificio, il poeta è accerchiato da una aureola di fiamme e la coreografia, che non è più ritmata, avendo il tempo della realtà narrata, non è una erotica e per questo mancare non è né una preparazione né una sostituzione dell’atto dell’amore: l’attrito e il girare la metafora è così che  sta tra fuoco e croce, o tra ruota e perno, il sintagma – che ha la verticalità che aveva nello stile Sui- è come se fosse un oggetto rituale trovato negli scavi di Lo-Lang[viii], che è costituito da una piastrina circolare di legno duro congegnata con una piastrina quadrata di legno tenero: il sintagma come utensile divinatorio legato al tubo acustico che dà la nota iniziale ma non avvia la gamma(cinese) delle cinque note, che forma un incrocio di orienti, il centro e quattro stagioni, suona, incastrata tra ruota e perno, la nota che sta tra il fuoco e la croce, la nota di una stagione che sta ad occidente.

La pupilla e la luce, il tempo del complesso di Ko, il Seguire, che ha, appunto, una carrozza pesantemente carica di paradigma, e la pelle, altro archetipo sostantivo della poesia di Spagnuolo, che, come il tamburo Kounyou, “raduna” e “riunisce” le cose di giù, anche perché tra pupilla, pelle e tempo, la pelle del tamburo ha un po’ del frutto del Baobab con cui si fa il tamburo Kounyou, e perciò “è uovo del primo mondo la cui esistenza è raffigurata dalla corona di spine dell’arbusto Mono che fissa la pelle del tamburo”[ix].

 

6.    La pelle del tamburo e la cosa charcotiana

Tra la pelle del tamburo e le pupille del tempo, la lingua dei gesti, il timbro tenero dell’anatomia dell’Altro, quel che il poeta ha lasciato cadere è un po’ come la cosa freudiana che Freud ha lasciato cadere e che continua a condurre ogni caccia sotto forma di tutti noi.

“Il naso di Cleopatra, se ha cambiato il corso del mondo, è perché è entrato nel suo discorso, perché per cambiarlo, lungo o corto che fosse, è bastato, ma c’è voluto che fosse un naso parlante”[x]. Che è un po’ come “Charcot che spezza isterie/chiede impotente/di espulsioni/dissolte analogie…/le tue gambe schiudono impudenti/il collo rovesciato”[xi], l’isteria spezzata ha qualcosa di analogo alle gambe impudenti, se vai a vedere è per questo che Charcot è entrato nel discorso del mondo, in virtù della Cosa charcotiana che, per quanto fosse così plateale, non poteva avere una pelle introversa.

La parola, là dove si fa più cauta, mostra un leggero vacillare, e vien meno in tal modo alla sua perfidia[xii], soltanto che se l’io nel poeta può essere definito un essere legale più dell’io in  Hegel, allora il significante, che non si risolve mai neppure quando gli viene a mancare momentaneamente un po’ della libbra di carne dell’oggetto a, continua a far nascere il soggetto fin tanto che l’ altro, pur avendo tutto questo significato, continua a non esserci.

7.    La passione immaginaria dell’io

La passione dell’io, per quanto contenga il riflesso del naso, del poeta, per quanto non si escluda che anche quello di Cleopatra possa entrare(o essere entrato) nello stadio del suo specchio, è che, pur essendo immaginaria, comincia sempre dalla punta del naso, da dove comincia il mondo o l’immagine del corpo che, anche se fatta a lume di naso, riflette pur sempre l’assenza momentanea dell’Altro, per quanto questo, essendo il luogo in cui si costituisce l’io, è difficile che resti fuori a lungo, tanto più che l’insistenza ripetitiva del desiderio di $ lo  ha ormai reso equivalente al significante per via della rimemorazione permanente; ora, ditemi voi se questo non è amore è allora un riconoscimento simbolico?

Lui, il poeta, che, di debito simbolico se ne intende, sa bene che è l’Altro a godere e il desiderio dell’Altro, voi che dite?, lo riconosce il poeta?

L’angoscia, che è davanti a qualcosa, quando avanza è avanti al desiderio o è il resto del godimento?

La verità nella passione immaginaria dell’io è che nel linguaggio il fantasma del poeta è il soggetto barrato in un certo rapporto con l’oggetto a, a patto che l’Altro se ne sia bell’e andato.

 

 AS07

 

8.    Il vocabolario fondamentale di De Mauro e le strutture di Durand nello stile Kô e nello stile Sui

Come è  avvenuto per Ruffato[xv], a un certo punto della biografia, la forma soggettiva del poeta si è fatta meno ermeneutica, tanto che, di pari passo, l’immaginario, nel poeta patavino, fattosi meno rigido e meno formalizzato, divenne più corto, e quando l’immaginario si fa più corto vuol dire che ha perso un po’ del di tematico, così a un certo punto della biografia di Antonio Spagnuolo, la sua forma soggettiva comincia a contemplare l’Altro, grosso modo a partire da Per lembi, l’espressione lessicale del linguaggio tecnico del corpo muta registro, e allora lo stile di Antonio Spagnuolo comincia a correlarsi positivamente con lo status del “codice ristretto” descritto da Basil Bernstein[xvi]: questo secondo stile perde complementi e ombre, usa più parole del “vocabolario fondamentale” e dell’”altro vocabolario di alto uso” di Tullio De Mauro[xvii], è più immediato, l’esserci, ritrovando la connessione primaria tra identità di percezione e identità di pensiero, si avventura nell’altro, cosicché la complessità di “normalizza”, l’iconicità si innalza, l’ambiguità sistematica si rarefa, il rapporto tra denotazione e connotazione è più intelligibile come se  la scrittura fosse più attiva; in realtà, lo stile Sui effettua una collusione tra percezione e durata, si dà misura inventando un tema che viene svolto rendendo complici o reversibili l’altro e il narcisismo cosmico.

Tra la parabola dell’ io e l’iperbole dell’ altro, la forma soggettiva verifica, da questo momento, le pertinenze dell’immaginario per costituirsi un equilibrio che gli permetta di riconoscere nella verticalità dell’infinito le ossessioni o le assenze della propria biografia.

Se verifichiamo in una poesia dello stile Kô quante sono le parole abbastanza semplici del “vocabolario fondamentale”, tra le 2000 indicate da Tullio De Mauro, che sono, in un testo di 85 parole, solo 18, senza contare articoli, preposizioni e avverbi, a cui vanno aggiunte altre 10 parole dell’”altro vocabolario di alto uso”(la 2^ fascia della semplicità espressiva di De Mauro che ne comprende 2900) e 4 del “vocabolario di alta disponibilità”(la 3^ fascia di circa 1800 parole); mentre in un testo dello stile Sui, in una poesia di 125 parole, le parole della 1^ fascia, quella più semplice del vocabolario di base, sono 42-44, senza considerare gli articoli, le preposizioni e gli avverbi, a cui vanno aggiunte altre 15 parole della 2^ fascia e solo 3 della 3^.

Nello stile Kô, a fronte di un 20-25% di parole della  1^fascia, 10-12% di parole della 2^ fascia e il 4-5% di parole della 3^, senza considerare il corpus di congiunzioni, preposizioni, articoli e avverbi, c’è una correlazione positiva con lo status alto e, quindi, con le caratteristiche del “Codice elaborato” descritto da Basil Bernstein: le variabili morfo.-lessicali correlano positivamente la non-univocità che curva ogni enunciato: l’alto tasso di polisemia, parallelo al buon tasso di complessità, dà valore letterario al testo, anche in presenza di un rapporto denotativo/connotativo non tanto esplosivo.

Nello stile Sui, a fronte di un 32-35% di parole della prima fascia, un 10-12% della seconda fascia e un 2-3% della terza, senza considerare congiunzioni, articoli, preposizioni e avverbi, c’è una correlazione positiva con lo status del “Codice ristretto” descritto da Basil Bernstein: ha una certa instabilità visiva, come se cercasse di costituire una Paarung accarezzando l’altro; carezza il mondo che c’era e si allontana, carezza il reale che è o era il Dasein  di chi scrive, carezza l’immaginario di tematico perduto del suo esserci.

 

 AS08

 

9.    Il vocabolario fondamentale e le strutture dell’immaginario nello stile Pi

AS06Nel periodo dello stile Pi, che è quello dello schema verbale Unire e la struttura è ormai evidentemente drammatica, più che la complessità è l’iconicità che sopperisce alla pregnanza insufficiente: questo vuol dire che, a conti fatti, senza nessuna verifica, il “vocabolario della 1^ fascia” è a metà strada tra il 20-25% dello stile Ko e il 32-35% dello stile Sui, e vuol dire anche che tra le 32 variabili morfo-lessicali di cui alla Grammatica italiana descrittiva di Regula e Jerney[xix], la Diatesi passiva e il Rapporto Verbi Passi/Totale Verbi sta crescendo come anche le congiunzioni coordinative, la metafora è più tenera e, cullando l’oralità del poeta, ne allontana inquietudini e ansie.

 

v.s. gaudio



















[i] Per elaborare l’esagramma stilistico di un poeta, cfr. V.S. Gaudio,(…)Codici di Bernstein e Indicatori Globali di Moles; Lo stile della prosperità, lo stile della contemplazione;Lo stile del narcisismo cosmico, in: Idem, La semantica gergale e razionale dell’idioletto corporeo,I quaderni di Hebenon, Torino 1999: pagg.31-36; cfr. anche: V.S .Gaudio, Amelia’s Spring.La Stimmung con Amelia Rosselli, “Zeta” n.82, Udine dicembre 2007.

[ii] I King, a cura di Richard Wilhelm, Astrolabio, Roma 1950: pag.473.

[iii] Cfr. Viggo Brøndal, Teoria delle preposizioni, trad. it. Silva editore Milano 1967.

[iv] Cfr. Jacques Lacan, La bocca e l’occhio; in: Idem, Il seminario, Libro X. L’angoscia 1962-1963, trad. it. Einaudi, Torino 2007: pag.255.

[v] Ivi:pag.257.

[vi] Cfr. ivi: pag.259.

[vii] Cfr. V.S. Gaudio, L’erotica di Pennati, in “Lunarionuovo” n.44, Catania ottobre 1987.

[viii] Cfr. Gilbert Durand, Dallo schema ritmico al mito del progresso, in: Idem, Le strutture antropologiche dell’immaginario, trad. it. Dedalo edizioni, Bari 1972: pag.340.

[ix] Ivi: pag.338.

[x] Jacques Lacan, La cosa freudiana, trad. it. Einaudi, Torino 1972: pag.191.

[xi] Antonio Spagnuolo, Candida, Guida, Napoli 1985.

[xii] Cfr. Jacques Lacan, La cosa freudiana,trad. it. cit.: pag.190.

[xiii] Il primo testo è del 1985: Dieci poesie d’amore & una prova d’autore, Altri Termini, Napoli 1987; Infubul/azione, ed.Hetea 1988. Estratti sono contenuti nel recente: Antonio Spagnuolo,  Misure del timore, Antologia poetica dai volumi 1985-2010, Kairòs edizioni, Napoli 2011.

[xiv] Per lembi, Manni, Lecce 2004; Fugacità del tempo, LietoColle, Como 2007; Fratture da comporrei, Kairòs 2009; Misure del timore, Kairòs 2010. Estratti sono contenuti nella stessa antologia di cui alla nota precedente.

[xv] Cfr. V.S. Gaudio, La semantica gergale e razionale dell’idioletto corporeo, I quaderni di Hebenon, Torino 1999.

[xvi] Cfr. Basil Bernstein, A public language: some sociological implications of a linguistic formI, inBritish Journal of Sociology” n.10, 1959.

[xvii] Vedi: Tullio De Mauro, Il vocabolario di base della lingua italiana, in: Idem, Guida all’uso delle parole Editori Riuniti, Roma 1980.

[xviii] Dietro il restauro, ed. Rispostes 1993; Attese, Portofranco, Taranto 1994; Rapinando alfabeti, L’assedio della poesia, Napoli 2001; Corruptions, Gradiva, New York 2004. Estratti sono contenuti nell’antologia di cui alla nota 13.

[xix] M.Regula; J.Jerney, Grammatica italiana descrittiva su basi psicologiche,  Francke Verlag, Bern 1965.


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