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Ri-pensando ai... PENSIERI SU ALICE

Stefania Fiorucci

 

 

 

Il libro Pensieri su Alice di Stefania Fiorucci è stato pubblicato nell’anno 2007 per i tipi della Aracne Editrice, presentato al Porto Antico Libri di Genova da Ettore Bonessio di Terzet e Raffaele Perrotta. Quanto segue è uno stralcio del discorso in fieri dell’autrice.

 

 

 

 

 

 

«Vorresti dirmi che strada devo prendere, per favore?»

«Dipende, in genere, da dove vuoi andare» rispose saggiamente il Gatto.

 

Guardando il sorriso lunare del Gatto del Cheshire, pensieri…

Quale strada prendere? Dove andare?

Un percorso estetico-educativo sulle tracce di Alice. Basta che non ti stanchi di camminare…

 

 

STRUTTURA:

Un discorso sul FILO del mio PENSIERO. Il FILO del DISCORSO.

Il FILO delle IDEE/Il FILO della VITA.

Seguendo il FILO, non di ARIANNA, ma del DISCORSO su ALICE è come se mi fossi smarrita nei mondi “labirintici” di ALICE.

Sono partita dai TESTI di Carroll (ogni TESTO è un TESSUTO di PAROLE): ho sfogliato questi TESTI annotandomi alcune PAROLE (che mi hanno colpito in quel momento).

I Capitoli sono CREATIVI: ci sono PAROLE del testo a cui ho aggiunto del mio. Dei Capitoli (sorta di SCRITTURA CREATIVA?) non tutto si comprenderà.

Il LINGUAGGIO particolare che ho usato nei Capitoli: flusso di coscienza? associazioni di idee? È un affastellamento di IDEE, di RICORDI, di PENSIERI…

 

 

Perché PENSIERI su Alice? Per il problema della trasposizione di PENSIERO in LINGUAGGIO scritto: più cerco di dare al mio pensiero una FORMA e più il mio pensiero ne perde in “originarietà” (si perde sempre qualcosa). Invece più il linguaggio è dis-articolato (es. privo di articoli) e più è vicino al mio primario pensiero, l’ESSENZA del mio DISCORSO resta intatta. “Pensieri” anche se in successione sembrano privi di SENSO (frasi apparentemente sconnesse l’una dall’altra), disarticolati sono molto più “veritieri” in un discorso unitario, visti nel loro insieme, nella loro globalità per come sono nate quelle IDEE, per come sono state concepite nella mia mente. Scrivere sotto forma di FRAMMENTI di PENSIERO è molto più VERITIERO. (PAROLA-PENSIERO).

 

 

Pensieri su Alice 1

 

 

Pensieri su Alice 2

 

Recto &...

Stefania Fiorucci, Pensieri su Alice, Aracne, Roma 2007, pp. 56, euro 5,00

 

 

Aprendo questo libro non so se leggerlo da una parte o dall’altra, rileggendo questi capitoli non so più se sono io a parlare o se sono il riflesso di Alice. Ma dato che io so che non sono uno specchio ma me stessa incomincerò a parlare di Alice ma a partire da me stessa.

 

Pensieri su Alice 3

 

&... Verso

Fiorucci Stefania, Pensieri su Alice, Aracne, Roma 2007, pp. 56, euro 5,00

 

 

Pensieri su Alice 4

 

 

“Pensieri su Alice” sono frammenti di pensiero, parole-pensiero, cioè pensieri in parole. 1000 pensieri liberi su Alice, su ciò che rappresenta, a proposito di/intorno ad ALICE, il personaggio dei due romanzi di Lewis Carroll. È il tentativo di intersecare i due romanzi come fossero un’unica opera (due libri in uno: uniti ma distinti!) e di “abitare” quella storia, provando a stare dentro ai “mondi” di Alice. È il tentativo di una lettura comparata, capitolo per capitolo, delle due opere di Carroll (“Alice nel Paese delle Meraviglie” e “Attraverso lo specchio”) scoprendone una specularità sorprendente (sotto-sopra/destra-sinistra capovolto/invertito piano verticale/piano orizzontale estate/inverno giardino/bosco)

 

“Pensieri su Alice” è pensare “Alice” a partire dal “nome”. Dall’Alice reale Alice Liddell, bruna con frangetta e riga nel mezzo, all’Alice bionda con fascia e grembiulino del cartone animato di Walt Disney; dall’Alice che «guarda i gatti» di Francesco De Gregori [a Radio Alice, radio bolognese degli anni ’70; dall’“Alice” di Woody Allen] all’“Alice Cascherina” di Gianni Rodari che casca sempre e dappertutto. Quindi Alice non è solo la bambina che ha sempre troppe domande da fare: è anche “altro”, è una “metafora” continua, cioè un continuo “portare oltre” il discorso su Alice poiché Alice non è soltanto un “nome”!

 

È un “interesse”, cioè l’incontro fra due esse: quello con la sognatrice per antonomasia, [quindi è l’incontro col mondo dell’infanzia] ma anche col mondo del surreale. Alice è un bel personaggio che affascina proprio perché [ha una personalità] complessa, eclettica e sempre mutevole. Di Alice mi affascina lo “sguardo” (curioso, meravigliato, trasognato, ironico): è lo sguardo di chi si abbandona allo “stupore” assoluto, quello totale e incantevole proprio dei bambini, dei poeti e degli artisti.

 

Alice è anche un po’ il “simbolo” di chi a ogni età e ogni situazione si sente “disambientato”, a disagio o fuori posto, troppo grande o troppo piccolo, troppo grasso o troppo magro comunque inadeguato, incapace di scegliere [la parte giusta del fungo,] la cosa giusta da fare. Il “mondo di Alice” porta a riflettere sulle contraddizioni e insensatezze del nostro. Alice è la “libertà” di trovare il logico nell’illogico, è la possibilità di sprofondare nell’“altra realtà”, quella del “sogno” e dell’immaginario, per poi ritornare nella nostra quotidiana realtà, ritrovandosi in un mondo che forse è molto più alla rovescia di quello sognato.

 

Alice guarda ogni cosa con una sorta di “strabismo mentale”, impara a vedere la realtà da nuove angolazioni (prima bassissime e poi improvvisamente altissime), guarda semplicemente in un “altro modo”, sposta sempre lo sguardo e in questo senso è “ironica”. L’“ironia” è lo spostamento dello sguardo: il mondo in cui viviamo a volte non è proprio “meraviglioso”, non è che cambiano le cose ma può mutare il nostro modo di vederle e questo può aiutarci non solo a vivere meglio ma anche a capire ciò che a una prima apparenza magari ci sfugge.

 

Qui, nel “mondo dello specchio”, è soprattutto la “parola”, intesa come contenitore di un “senso” che la legittima, a far le spese delle acrobazie verbali (giochi di parole, nonsense, fantasia, totale libertà d’invenzione linguistica) e dei paradossi di Lewis Carroll, che ci segnalano con preveggenza (rispetto ai logici e ai linguisti della nostra epoca) la condanna del “linguaggio” a riformularsi di continuo in vista di un “senso” inesorabilmente sfuggente.

 

Il “mondo di Alice” è ogni possibile esplorazione del gioco, delle “parole” e del “linguaggio”: Alice esplora le potenzialità semantiche della “parola” che viene manipolata, permutata, anagrammata, resa labirintica, elasticamente scardinata. Poesie, immagini e simboli nei testi di Carroll subiscono ironiche metamorfosi, tutto è trasformato in qualcosa di diverso ma che al contempo mantiene intatta la/l’integrità della struttura narrativa.

 

A

lice è un “simbolo” [=segno di riconoscimento]: è uno “sguardo” incantato sul mondo (esterno ma a partire dal proprio mondo interno; è il mondo interiore di Alice ad essere meraviglioso ed è questo che poi si riflette nel mondo esteriore come per un “gioco di specchi”). Il segreto di Alice sta nelle Ali contenute nel nome Ali-ce: Alice è il “simbolo” della libertà, cioè la possibilità di volare con la fantasia “sopra” il mondo repressivo nel quale, a volte, si è costretti a vivere. [Carroll, eternandola in una storia, le ha donato le “ali”, cioè l’ha resa per sempre libera, ingabbiata com’era tra le sbarre della società vittoriana].

 

 

L

o “specchio” è uno strumento/elemento di “crescita” umana, ma lo “specchio di Alice” ha perso le sue capacità riflettenti: non si frantuma più, ma lo si può attraversare, non è più una lastra di vetro ma una sottile nebbia d’argento e Alice facilmente passa “oltre”. Lo “specchio” è un’illusione: il “gioco dello specchio” e il “gioco degli scacchi” diventano proiezione assurda del mondo reale: nel mondo dello specchio si ha l’apoteosi del “capovolgimento”, ogni cosa è rovesciata, i fiori parlano, i libri sono scritti al contrario, si corre per restare fermi, il futuro ha una memoria.

 

 

I

l saccente Humpty-Dumpty, l’uovo-uomo che parla sempre , nel suo discorso sulla “parola” (nella doppia faccia di significante/significato) pare una sorta di filosofo del “linguaggio”. Allo specchio che cosa “dice” la “parola”? Là dove la parola è alorap e per parlare bisogna tacere, il silenzio è fàtico, cioè un silenzio “che parla” attraverso lo specchio della “parola”. Il vuoto e il pieno/il silenzio e la parola. La “parola” esplode dal “silenzio”, cioè il dire originario. Nei testi di Carroll si narra il “linguaggio”: il valore del linguaggio ma anche l’insostenibilità del linguaggio. Il linguaggio è una realtà doppia e ambigua: Hermes, l’inventore del linguaggio/il dio della parola, ha sì le qualità dell’interprete e del messaggero, ma anche del truffatore e del ladro, perché le “parole” possono allo stesso tempo rivelare e nascondere. Il linguaggio può rappresentare la vita? Forse, sembra dire Carroll, soltanto qualche “riflesso” (della vita stessa).

 

 

C

on il “mondo” di Alice si configura un racconto per “immagini”: una serie di visioni, di immagini rubate al “sogno” inteso come una surreale “fuga”/evasione dalla realtà.

 

 

È

 un “viaggio” inteso come “percorso di crescita”: il passaggio dall’età infantile all’età adulta. È un testo con risvolti “educativi” in cui si narra la difficoltà del “crescere”: “cresco” è il verbo incoativo di “creo” (“crescere” → dalla stessa radice “cre-” di “creare”) e in questo sta la difficoltà del crescere; “cresco”=incomincio a “creare” me stesso! Difatti Alice è in viaggio alla scoperta del mondo ma soprattutto di se stessa: cerca la “strada” (la sua strada per diventare grande), non sa quale prendere. Alice “crescerà” (il percorso verso l’autonomia ha preso il via), senza per questo smettere di cercare, di meravigliarsi ancora…

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