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Divagazione

Romolo Rossi

In me vagano pensieri e ricordi sul cambiamento delle stagioni . Vario il tempo, il caldo, il freddo, l’aria dolce o rigida o dolorosa: mi invadono e mi investono la mente le immagini che mi raggiungono, da momenti lontano nel tempo: sono memorie di versi dei poeti, di sentimenti contrastanti, e tutte le parole evocano il paesaggio intorno, il cielo, il mare, i prati , le città, gli alberghi, il traffico, il sole, la pioggia, la tranquillità e le paure, ritmano le stagioni, con reminiscenze, nostalgie, rimpianti, e con frasi ed emozioni evocate dalla poesia dei poeti: si associano, si accumulano e si depositano nella mia testa.

Si affaccia una breve poesia che insiste nella mia memoria , sul tempo che muta nelle stagioni:

 

Tempo che muta

 

Come varia il colore

Delle stagioni,

così gli umori e i pensieri degli uomini.

 

Tutto nel mondo è mutevole tempo.

Ed ecco, è già il pallido,

sepolcrale autunno,

quando pur ieri imperava

la rigogliosa quasi eterna estate.

(Cardarelli)

 

Inizia l’anno, sempre coll’inverno. Tutti i popoli del nord, dei diversi paesi settentrionali, hanno sempre la mente in Italia con il clima mite e dolce: molti pensano che in Italia l’inverno sia tiepido e soleggiato. In realtà non è così, ed il freddo spesso è rigidissimo. Così è duro e terribile, e tutto l’Appennino è sempre sommerso da neve ghiacciata, ed è flagellato dai venti che vengono da nord-est sui monti e dalla schiena dell’Italia scendono nelle pianure: solo preciso, espressivo e sicuro nella sua lingua, Dante in pochi versi dipinge il rigore della stagione con realtà e verità, ed è un netto quadro meteorologico.

 

Sì come neve tra le vive travi

per lo dosso d’Italia si congela,

soffiata e stretta dalli venti schiavi.

(Pur. XXX, 69-71)

 

E si pensa che in inverno si accendono i fuochi. Ho visto ancora le stufe ed i camini dove si faceva la fiamma: un tempo esistevano le cucine a fuoco e nelle fucine c’erano i maniscalchi ed i fabbri nelle officine: col ricordo del fuoco ed il fumo ritornano antiche scene invernali. I pensieri tutti intorno ai fuochi ora scomparsi, e con le grandi nostalgie ecco i ricordi:

 

Quale nell’arzanà de’ Viniziani

bolle l’inverno la tenace pece

a rimpalmare i legni lor non sani.

(Inf. XXI, 7-9)

 

E sì che l’inverno è più corto: è vero, pare freddissimo, di un terribile freddo, ma solo in realtà per un mese, ed io ricordo l’inverno sempre più corto con il cielo limpidissimo, e le notti erano freddissime e stellate e si mescolano i miei ricordi con i versi di Dante:

 

sì, che, se ’l Cancro avesse un tal cristallo,

l’inverno avrebbe un mese d’un sol dì.

(Par. XXV, 101-102)

 

Ho ricordi sempre diversi, giorni di luce ed il sole al mare è brillante e il cielo luminoso, ma l’aria è ghiacciata; l’inverno trabocca di contentezza senza angoscia, anche se talora l’animo è intirizzito e rabbrividisce. O felicità, un ornamento , decoro e bellezza; ma improvvisa la tristezza è portata dall’inverno e arriva terribile e cupa. Mi ritorna la poesia di Leopardi:

 

… In queste antiche

Al chiaror delle nevi, intorno a queste

Ampie finestre sibilando il vento,

O speranze, speranze; ameni inganni

Della mia prima età! sempre, parlando,

Ritorno a voi; che per andar di tempo,

Per variar d’affetti e di pensieri,

Obbliarvi non so.

 

Guardare attraverso la finestra, le ricordanze del chiarore delle nevi e delle luci livide portano a volte le angosce. Anche i versi di Montale sono delicati senza essere leggeri , ma le immagini sono impaurite, dolorose e cupe:

 

Spesso il male di vivere ho incontrato:

era il rivo strozzato che gorgoglio,

era l’incartocciarsi della foglia

riarsa, era il cavallo stramazzato.

 

Per rendere i vissuti ed i pensieri dell’inverno, evoca come cambia la natura, le foglie sono secche, arse e sono morte o morenti, il vento che sibila. Il poeta usa parole dure e chiuse, ”strozzato” “incartocciarsi” “stramazzato”, la vita soffocata diventa “gorgoglio”. Penso che un altro poeta parlava d’inverno con Freud passeggiando, e l’amico poeta diceva che la natura muore e scompare nell’inverno. Penso ancora che l’Italia ha rigidi gennaio e febbraio, freddissimi , con un tempo mortale: gelo, neve, venti sibilanti, e l’Appennino è gelato specialmente dai venti del levante, dai paesi slavi, che i russi chiamano il “buran” come noi diciamo bora o tramontana, e che arriva da levante superando i monti fino al ponente . Bravo Dante, bravo Leopardi e bravo Montale. Nell’animo i ricordi, le mie ricordanze sono mescolate coi versi dei poeti.

O spesso la paura e l’angoscia esplodono nell’inverno ! Baudelaire in terribili versi, con le sue parole gelide racconta sentimenti di paura o morte:

 

Bientot nous plongerons dans les froides ténèbres;

Adieu,vive clarté de nos étés trop courts!

J’entends déjà tomber avec de chocs funèbres

Le bois retentissant sur le pavé des cours.

 

Tout l’hiver va rentrer dans mon etre: colère,

Haine, frissons,horreur, labeur dur et forcé,

Et comme le soleil dans son enfer polaire,

Mon coeur ne sera plus qu’un bloc rouge et glacé.

 

 

Ecco l’inverno, con poca luce, le fredde tenebre, e dentro collera, paura, brividi, ed il cuore è un blocco di ghiaccio: essa porta con sé questo gelo e questa tristezza ; sono le emozioni che insinua l’inverno, l’oscurità e la morte: i versi di Baudelaire dipingono con pennello le parole, i vissuti ed i paesaggi dell’inverno.

Ma spesso sentimenti d’amore e passioni arrivano in pieno d’inverno, ed il freddo febbraio può portare dolcezza ed affetto caldo, un bel contrasto : Shakespeare ricordava San Valentino . I cacciatori a febbraio suonano i corni e svegliano il giorno, e gli uccelli nel bosco saltellano e si accoppiano, in un’aria fredda e frizzante che dà un senso di spinta spumeggiante ed effervescente: alcuni sentimenti possono essere felici. Ecco:

 

Go, bid the huntsmen wake them with their horns.

Horns, and they wake; shout within; they all start up

Good morrow, friends - Saint Valentine is past!

Begin these woodbirds but to couple now?

(Shakespeare - A midsummer night’s dream)

 

Ma in inverno la contentezza spesso non è presente e quasi sempre l’animo è cupo, scuro, così corrotto, e tutto scompare come involano le foglie di Sibilla, ulula il lupo all’uscio ed il vento lugubre sibila e passa la sventura, nel prato spelacchiato passa l’ombra della falce, come ci racconta il colore dei tempi la poesia di Sylvia Plath:

 

Temper of Time

 

An ill wind is stalking

   While evil stars whir

And all the gold apples

   Go bad to the core.

 

Black birds of omen

   Now prowl on the bough;

With a hiss of disaster

   Sybil’s leaves blow.

 

Through closets of copses

   Tall skeletons walk;

Nightshades and nettles

   Tangle the track.

 

In the ramshackle meadow

   Where Kilroy would pass

Lurks the sickle-shape shadow

   Of snake in the grass.

 

Approaching his cottage

   By crooked detour,

He hears the gruff knocking

   Of the wolf at the door.

 

His wife and his children

   Hang riddled with shot,

There’s a hex on the cradle

And death in the pot.

 

 

 

La primavera viene dopo l’inverno, la bellissima primavera oppure la maledetta primavera , una canzone che ricordo. E’ una stagione mite e porta fresco e non caldo: la stagione è varia, soffiano leggeri e timide brezze, arie tranquille ma i venti intensi ed impetuosi talora portano le piogge, spesso arrivano i temporali; anche se l’acqua frequente serve alla terra, ma accade che l’acqua può essere violenta: le burrasche ed i torrenti investono e distruggono le coltivazioni, orti, viti, alberi di frutta. La primavera è un po’ pazza. La fine di Marzo è cangiante, a Maggio cominciano a fiorire i fiori degli alberi, e le rose nel mese mariano. Il profumo dei fiori si diffonde dall’inizio primavera fino a giugno.

Le rondini tornano sotto i tetti da lontano, e in questa la stagione le ragazze sciamano con le rondini, ed un poeta futurista mi ricorda di guardare nei tram:

 

 

Le rondini

in deliziose cappe di raso nero

dattilografavano il risveglio

dettato dall’aurora

(Farfa - Vittorio Tommasino)

 

Ecco Alceo (tradotto da Quasimodo), mi ricorda questo mondo che rinasce:

 

Io già sento primavera

Io già sento primavera coi suoi fiori:

versatemi presto una tazza di vino dolcissimo.

 

Tutto ricorda Alceo che ci dice il dolce della stagione, ma lo so che in primavera tutti i fiori fioriscono, ma gli umani si ammalano nel corpo, e la mente si turba ed affiorano la depressione, l’ angoscia e la pazzia.

In particolare e la primavera è inquieta, è un turbamento, piena di tensione, di piacere e di dolore, nel corpo e nella mente, mi viene da pensare ad una poesia di Sylvia Plath di fronte ad un acquerello: è primavera tranquilla ma nasce l’angoscia:

 

Watercolor of Grantchester Meadows

There, spring lambs jam the sheepfold. In air

Stilled, silvered as water in a glass

Nothing is big or far.

…..

While the students stroll or sit,

Hands laced, in a moony indolence of love-

Black-gowned, but unware

How in such mild air

The owl shall stoop from his turret , the rat cry out.

 

Ecco la primavera: l’atmosfera sarebbe tranquilla, come un bicchiere d’acqua, ma gli agnelli devono essere sacrificati, e tra passeggiate d’amore, in un’aria così dolce, gli studenti sono avvolti in toga , neri, ed il gufo calerà dalla sua torre e striderà il topo.

L’aria è dolce e tranquilla, ed il mondo è di fiori ed armonia ma, così per Petrarca, in cuore tutto questo diventa un deserto:

 

… ed era il cielo a l’armonia sì intento

che non se vedea in ramo mover foglia,

tanta dolcezza avea pien l’aere e ‘l vento.

….

Zephiro torna, e ’l bel tempo rimena

E i fiori et le erbe, sua dolce famiglia,

et garrir Progne et pianger Philomena,

et primavera candida et vermiglia.

Et cantar augeletti et fiorir piagge,

e’n belle donne honeste atti soavi

sono un deserto, et fere aspre et selvagge.

 

I fiori e le brezze profumate sono piene di bellezze ed uccellini, ma cosa succede? Nel mondo ci sono l’armonia e pace, ma nell’animo improvvise scompaiono la tranquilla natura e la felicità. Ciò perché Proserpina viene ratta nell’Averno, e la sua mamma Cerere dolorosa fa avvizzire i prati ed i boschi. Oh sì nell’umanità vi sarebbe una primavera, ma solo in un altro mondo: così germoglia in questa primavera sempiterna in Paradiso (Par. XXVIII, 116). Ma Dante ci ricorda che in terra Cerere perdette la figlia rapita da Ade, e scomparvero i fiori.

 

 

Qui fu innocente l’umana radice;

qui primavera sempre ed ogni frutto;

nettare è questo di che ciascun dice .

Tu mi fai rimembrar dove e qual era

Proserpina nel tempo che perdette

la madre lei,ed ella primavera.

(Pur. XXVIII, 142-144, 49-51)

Prima la primavera un giorno c’era, come ci racconta Ovidio, in questo mondo, prima che fosse ratta Proserpina, e la sua mamma Cerere faceva fiorire la natura, ma, perduta la figlia, la mamma fece oscura la natura.

 

Ver erat aeternum placidique tepentibus auris

Mulcebant zephyri natos sine semine flores.

 

E scomparse la figlia rapita e Cerere:

 

…Primis segetes moriuntur in herbis

Et modo sol nimius,nimius modo corripit imber,

Sideraqua ventique nocent avidaeque volucres

Semina iacta legunt; lolium tribulique fatigant

Triticeas messes et inexpugnabile gramen.

(Ovidio. Met. I, 107; Met. V, 482-486)

La primavera porta le malattie e la melanconia e l’angoscia. Tutti lo sanno!

 

 

E l’estate è spesso torrida, calda ed irrespirabile, ma se talora soffia il venticello è dolce e tiepida, e con brezze fragranti dal mare. Vacanza oggi è il momento: ma i giorni non molto lontani o già d’oggi, sono in realtà malsani. Spesso Noto, lo si chiama scirocco, viene dall’Africa, dal deserto soffocante. Il sole brucia, i prati che perdono il verde e diventano gialli e riarsi, e l’estate non è mite e sono difficili le giornate di vacanze; i viaggi complessi e si affollano, le strade si ingorgano e rendono i viaggiatori di malumore, e tutto il mondo è pieno di folla e calca.

Dante ricorda i periodi estivi ed i giorni insalubri. Grama l’estate, pieno d’insetti noiosi e nocivi, e la pianura padana è rovente ed umida.

 

Non molto ha corso, ch’el trova una lama,

nella qual si distende e la ’mpaluda;

e suol di state talor esser grama.

(Inf. XX, 79-81)

 

In questa stagione le persone sono molestate, e Dante ci descrive che sono infastiditi i cani e gli uomini.

 

non altrimenti fan di state i cani

or col ceffo, or col piè, quando son morsi

e da pulci o da mosche o da tafani.

(Inf. XVII, 49-51)

 

Dante è preciso, e ci descrive che all’inizio ed alla fine dell’estate le mosche sono sostituite dalle zanzare. Noi oggi sappiamo che le mosche sono frequenti in primavera ed autunno, perché in estate sono decimate per un’epidemia di virus, mentre le zanzare le sostituiscono. Ma le messi sono nei campi pieni di lucciole, il poeta ci ricorda il mondo così bellissimo. Sotto il sole rovente si vedono guizzare le lucertole, stupenda scena di vitalità e di vita grandiosa : Dante!

Quante il villan ch’al poggio si riposa,

nel tempo che colui che ’l mondo schiara

la faccia sua a noi tien meno ascosa,

come la mosca cede a la zanzara,

vede lucciole giù per la vallea,

forse colà dov’è vendemmia ed ara;

(Inf. XXVI, 25-30)

 

Come ‘l ramarro sotto la gran fersa

Dei dì cunicular, cangiando sepe,

folgore per se la via attraversa,

(Inf. XXV, 79-81)

 

Talora in estate, specialmente in agosto, arrivano rovesci di pioggia e temporali con intense grandinate. Alla metà di agosto un patrizio romano di nome Laterano incontrò in mattina il Papa Pasquale che gli raccontò un sogno: era nevicato nell’Esquilino, e Laterano gli disse di aver fatto lo stesso sogno. Così assieme arrivarono sull’Esquilino ed il colle era bianco per la neve: miracolo ! ed il Papa costruì nel colle la grande chiesa, S. Maria Maggiore, e, all’interno della chiesa, in agosto, fa fresco . No, non era un miracolo, era grandine non neve. Dante lo dice bene che si scambia la grandine con la sua sorella neve.

 

quando la brina in su la terra assempra

l’imagine di sua sorella bianca,

ma poco dura alla sua penna tempra;

lo villanello a cui la roba manca,

si leva, e guarda, e vede la campagna

biancheggiar tutta; on d’ei si batte l’anca,

(Inf. XXIV, 3-9)

E nell’estate, diciamo, i colori, sfumano: i rossi, gli azzurri, i gialli, in tenui pastelli; e così il marrone dei campi riarsi o il cilestrino del bleu marin, del bleu profondo del mare e azzurrino del cielo. I versi sono dovunque: nelle memorie, nei pensieri, la poesia ed i sogni. Intanto nel sogno di una notte di mezz’estate, arriva il messaggero:

 

Oberon: I wonder if Titania be awaked:

                     Then what it was that next came in her eye,

                     Which she must dote on, in extremity.

Puck: Here comes my messenger. How now, mad spirit?

               What night-rule now about this haunted grove?

(Shakespeare, A midsummer night’s dream)

 

Ecco nel mondo c’è intenso incanto nei boschi per tutti, grazie alle parole dei poeti , e colori e discorsi sottovoce, soffi, brezze si possono ascoltare dovunque. Ascoltiamo Camillo Sbarbaro:

 

Era color del mare e dell’estate

La strada tra le case e i muri d’orto

Dove la prima volta ti cercai.

All’incredulo sguardo ti staccasti

Un po’ incerta dall’altro marciapiede.

Nemmeno mi guardasti. Mi stringesti,

con la forza di chi s’attacca, il polso.

A fianco procedemmo un tratto zitto.

 

Ecco melograno, rosso, come il geranio è il vermiglio, dovunque s’ introduce nei ricordi dei fiori e dei giardini, e dei muretti riarsi, con il colore monotono dell’oscurità dell’animo. Sentiamo Pascoli Gozzano Montale, ed i colori portano con sé il lutto.

 

 

O il rosso del melograno, dove io ricordo che unisce il rosso ed il caldo, il colore, ed il sole dovunque, ed intorno sempre sento il frinire delle cicali nell’afa, e lontano nella canea abbaiano i cani, lontani?

 

Sogno d’un d’estate

 

Quanto scampanellare

Tremule di cicale!

Stridule pel filare

Moveva il maestrale

Le foglie accartocciate.

Scendea tra gli olmi il sole

In fascie polverose;

erano in ciel due sole

nuvole, tenui, ròse:

due bianche spennellati

in tutto il ciel turchino.

Siepi di melograno,

fratte di tamerice,

il palpito lontano

d’una trebbiatrice,

l’angelus argentino…

dov’ero? Le campane

mi dissero dov’ero,

piangendo, mentre un cane

latrava al forestiero,

che andava a capo chino.

(Pascoli)

 

Ed è vivacissimo il geranio, pennellate sulle finestre e sui balconi, ed un’altra pennellata è una grande variopinta farfalla che svolazza col suo andare tremula, vediamo:

 

E intorno declina l’estate.

E sopra un geranio vermiglio,

fremendo le ali caudate

si libra un enorme Papilio…

(Gozzano)

D’estate tutte le cose sono riarse, e la vita è stentata, di aria amara, non c’è l’ombra, e ciò che vediamo è tutto secco, l’arsura dà angoscia, e ci aspettiamo la pioggia che non arriva:

 

Gloria del disteso mezzogiorno

quand’ombra non rendono gli alberi,

e più e più si mostrano d’attorno

per troppa luce, le parvenze, falbe.

 

Il sole alto, e un secco greto.

Il mio giorno non è dunque passato:

l’ora più bella è di là dal muretto

che rinchiude in un occaso scialbato.

 

L’arsura, in giro; un martin pescatore

Volteggia s’una reliquia di vita.

La buona pioggia è di là dallo squallore,

ma in attendere è gioia più compita.

(Montale)

 

 

L’autunno è una stagione turbolenta , scendono piogge a rovescio , talora inondazioni, temporali e tempeste. I fiumi ed i torrenti, dall’alto si riversano in violenza in mare, e spesso i ruscelli prima secchi diventano impetuosi in autunno scendendo dall’Appennino e si precipitano in breve in mare, ma si creano alluvioni e distruzioni, ed i monti si sfaldano e si disgregano, con frane rovinose. Questi ricordi si sollevano col poeta che racconta:

 

Come ai meridional tiepidi venti,

che spirano dal mare il fiato caldo,

le nievi si disciolveno e i torrenti,

e il ghiaccio che pur dianzi era sì saldo;

così a quei prieghi, a quei brevi lamenti

il cor de la sorella di Rinaldo

subito ritornò pietoso e molle,

che l’ira, più che marmo, indurar volle.

(Orlando. XXXVI,14)

 

Il nostro Ludovico Ariosto mi fa capire che in autunno il terreno solido e la terra si sfaldano: molle,non salda e in questa stagione il territorio è precipitoso e franoso, e dei paesi diventano ruderi.

Attenzione! L’autunno è una grande allegoria della morte, così la vita è fragile come le foglie che cadono dai

rami degli alberi. Diceva Virgilio:

 

Quam multa in silvis autumni frigore primo

Lapsa cadunt folia, aut ad terram gurgite ab alto

Quam multae glomerantur aves, ubi frigidus annus

Trans pontum fugat et terris inmittit apricis

(Aen. VI, 309-312)

 

Così al primo freddo autunno volteggiano e cadono le foglie nei boschi, o gli uccelli si spingono dal profondo mare verso le terre aperte al sole. Tutti versi di Virgilio, me li ricordo, e anche Dante ha Virgilio in mente ed ha pensato all’antico latino:

 

Come d’autunno si levan le foglie

l’una appresso dell’altro, fin che ‘l ramo

vede alla terra tutte le spoglie,

similemente il mal seme d’Adamo

gittansi di quel lito ad una ad una,

per cenni come augel per suo richiamo

(Inf. III, 112-116)

 

Gli umani come le foglie, uno ad uno, si raccolgono assieme nella morte, e la similitudine così, come questo il dolce raggio giallo del morente autunno, per Baudelaire è l’effimera dolcezza d’un glorioso autunno e di un sole al tramonto! Ma oggi com’è tutto amaro! Il tuo amore, il salotto, il focolare, nulla vale il sole sfolgorante là sul mare. L’autunno di Baudelaire:

 

J’aime de longs yeux la lumière verdatre,

Douce beautè, mais tout aujourd’huy m’est amer.

Et rien, ni votre amour, ni le boudoir, ni l’atre,

Ne me vaut le soleil rayonnant sur la mer.

 

Et pourtant aimez-moi, tendre coeur! Soyez mère

Meme pour un ingrat, meme pour un méchant;

Amante ou soeur, soyez la douceur éphémère

D’un glorieux automne ou d’un sole il couchant.

 

Courte tache! La tombe attend ; elle est avide!

Ah! laissez-moi , mon front posé sur vos genoux,

Gouter, en regrettant l’été blanc et torride,

De l’arrière-saison le rayon jaune et doux!

(Baudelaire. Chant d’automne)

 

Sempre angoscioso l’autunno in Baudelaire, ed è triste ma più dolce in Quasimodo, come in “ed è subito sera:”

 

Finita è la notte e la luna

Si scioglie lenta nel sereno,

tramonta nei canali.

 

E’ così vivo settembre in questa terra

Di pianura, i prati sono verdi

Come nelle valli del sud…

(Quasimodo)

 

Come la tristezza risalta dal vissuto di turbamento di un oscuro giorno autunnale, dove la burrasca è via, lontano: l’immagine è espressiva, moderna ,“stracci di nubi chiare”: il poeta ci insegna a scrivere.

 

Temporale

 

Un bubbolìo lontano…

Rosseggia l’ orizzonte,

come affocato, a mare;

nero di pece, a monte,

stracci di nubi chiare:

tra il nero un casolare:

un’ala di gabbiano.

(Pascoli)

 

I versi di Sylvia Plath parlavano dell’autunno, con la melanconia , la morte, e le sue parole ritornavano alla poesia di cent’anni fa di Baudelaire: nella Plath ritorna l’eco del poeta francese . Lo scenario è ostinato: alberi avari si tengono strette le foglie dell’altr’anno, rifiutano il lutto, la veste di sacco, e si trasformano le driadi elegiache, e l’erba austera custodisce lo spietato della sua erbosità , a dispetto dell’intelletto magniloquente che disprezza la povertà. Nessun grido di morti fa fiorire nontiscordardimé in mezzo alle pietre che lastricano questa terra greve: il dolore fa finire la stagione, e lentamente fievole il tempo svanisce.

 

November grave yard

 

The scene stands stubbon: skinflint trees

Hoard last year’s leaves, won’t mourn, wear sackcloth, or turn

To elegiac dryads, and dour grass

Guards the hard-hearted emerald of its grassiness

However the grandiloquent mind may scorn

Such poverty. No dead men’s cries

 

Flower forget-me-nots between the stones

Paving this grave ground…

 

Le mie divagazioni possiamo finirle con lievi ma gravi parole di Leopardi, che egli tradusse dal francese Antoine Vincent Arnault

 

Imitazioni

 

Lungi del proprio ramo,

Povero foglia frale,

Dove vai tu? Dal faggio

Là dov’io nacqui, mi divise il vento.

Esso,tornando, a volo

Dal bosco alla compagna,

Dalla valle mi porta alla montagna.

Seco perpetuamente

Vo pellegrina, e tutto l’altro ignoro.

Vo dove ogni altra cosa.

Dove naturalmente

Va la foglia di rosa,

E la foglia d’alloro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2012

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