Tu sei qui: Portale PIAZZA 3 CASA DELLO SCRIBA Gli anelli di Saturno - Un tentativo di restituzione

Gli anelli di Saturno - Un tentativo di restituzione

Alessandro Gaudio

 17. Un tentativo di restituzione

 

L'idea di una nuova intelligenza dinamica che regoli la fruizione della realtà a partire dall'inizio del XX secolo sembra, dunque, riguardare − prima di ogni altra, ma non esclusivamente − la sfera intellettuale. Si è potuto considerare il modo in cui negli autori sin qui studiati questa dimensione fruisca di un costante riferimento al fatto accaduto e al dato oggettivo, ma che presto finisca per intraprendere un percorso ermeneutico di analisi che non è affatto restio dal rapportarsi all'individuo, al soggetto interpretante e al modo in cui la sua percezione influisca sul senso (certamente non l'ultimo) dell'oggetto stesso. Si è potuto studiare come nelle opere di Sebald questa complessa modalità di ricerca e di scrittura venga perseguita con rigore ed emblematica chiarezza, rispettando «un'esatta prospettiva storica», lavorando «di cesello» e pazientemente al collegamento «di cose in apparenza molto distanti fra loro» (Un tentativo di restituzione è il titolo dato alla traduzione italiana di una lettura tenuta da Sebald il 17 novembre 2001, in occasione dell'inaugurazione di una Casa della letteratura a Stoccarda; le riflessioni sono adesso reperibili in W.G. Sebald, Moments musicaux [2001], trad. di A. Vigliani, Milano, Adelphi, 2013, pp. 31-41).

Gli anelli di SaturnoNel corso del suo intervento lo scrittore tedesco fissa alcuni dei punti essenziali che hanno caratterizzato la sua disposizione narrativa, individuando nella sua passione per la geografia uno dei capisaldi maggiormente influenti: «quel furore topografico che con l'andar del tempo veniva assumendo tratti sempre più maniacali», inducendolo a sacrificare un numero infinito di ore, «chino su atlanti e su mappe pieghevoli d'ogni genere» (p. 33). Conoscendo anche solo superficialmente gli scritti di Sebald non si fa alcuna fatica a riconoscere in essi questo vistoso equipaggiamento topografico. E non deve troppo sorprendere il fatto che il punto successivo preso in considerazione da Sebald e da lui considerato essenziale per delineare lo sfondo della sua narrativa sia dedotto dall'ambito della figurazione e, nel suo caso specifico, in una delle opere di quel Jan Peter Tripp (pittore sul quale ho già avuto modo di dilungarmi). Nel maggio del 1976, proprio a Stoccarda, Tripp regala all'amico scrittore un'incisione «che ha dato il via − ammette Sebald stesso − a molto di quanto avre[bbe] scritto in seguito» (p. 35); nell'incisione si vede «Daniel Paul Schreber, presidente di Corte d'Appello e malato mentale con un ragno sulla scatola cranica»: il caso di Schreber, già indagato da Freud, è, nell'idea di Tripp e poi di Sebald, la personificazione del modo spaventoso in cui i pensieri continuano a «formicolarti nel cervello» (ibidem), nonché del modo in cui nella forma letteraria si può procedere «al di là della registrazione dei fatti e al di là della scienza, a un tentativo di restituzione» (p. 41).

è come se per mezzo dell'opera di Tripp si avesse la piena coscienza del modo in cui la scienza − con un'espressione tratta da un verso di Sebald − arriva a contrarsi in un solo punto (la traduzione del bellissimo poema di viaggio in prosa intitolato Secondo natura, cui faccio riferimento qui e in seguito, è del 2009): in quel punto in cui Sebald rintraccia «[...] uno stato / di pura insania [...]» (p. 61), un luogo in cui «[...] la vita / si disgrega, e il medico non ha / né poteri né mezzi [...]» (p. 62) dal quale nasce la sua stessa idea di percezione della realtà e, dunque, di romanzo. è lì, in quell'immagine suggeritagli dall'incisione dell'amico, «sul più lontano dei mari» (p. 39), che lo scrittore vuole trovare dimora; è lì che la scienza si contrae e che la determinazione del punto geometrico o del luogo geografico trova un limite, una costruzione, un argine umano; è quello il posto nel quale, poco prima di perdere il lume della ragione e in una specie di terra di nessuno, risulta l'ordine che scaturisce dal lavoro inesausto del cervello «su tracce, ancorché labili, di auto-organizzazione» (p. 77) ma che restano insondabili − conclude Sebald − per qualsiasi logica di causa ed effetto. Sembra che si possa desumere questo principio operativo dai versi che chiudono Poesia per un album, pubblicata postuma in una raccolta del 2008 e inclusa nei citati Moments musicaux:

 

Camminando in riva
al Reno so che
verso il Nord agognato
io farò rotta foss'anche
più freddo del ghiaccio
nelle secanti
della geometria.

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