Tu sei qui: Portale PIAZZA 3 CASA DELLO SCRIBA La nudità (2008-2009)

La nudità (2008-2009)

Stelvio di Spigno

Beach girls

 

Col seno nelle mute per non lasciare figli in giro,

le acrobate del surf, mentre tremo di freddo al posto loro,

fanno mezze diagonali riemergendo e starnazzando

con un misto di fifa e istinto da squalo,

non sono stato in braccio e neanche allattato,

ma so cosa vuol dire quasi perdere una madre

quando si rompe una tavola o la fibra di un amore.             

 

Mi guardano come fossi più sfinito di loro,

ma più libero, semmai, e con la testa sgombra,

non sono più Pound come quando lo credevo

da ragazzo o a scuola o in piscina tra i neonati,

ma non farò una poesia col mio solito tema:

 

la surfista che mi attrae, che bel corpo che hanno,          

la vita come passa e perché nella fretta,

forse per distrazione o supponenza da vigliacco,

non mi trovo anch’io in mare a spartire con loro

la mia voglia e il mio seme con le lingue intrecciate.           

 

 

*

 

 

Pratica

 

Se lavori a giornata con ogni tua parola

e qualcuna la perdi per caso o per strada,

è perché sono alberi o pareti, facili da dire,             

e servono a chi ascolta per restare in piedi,

 

non perdiamo un compagno o un fratello

ma chi non vuole entrare nel discorso

e vuole tacere per noi e per se stesso

ramazzando e lasciandoci al futuro

per fare pulizia nella mente e nel cuore.

 

Se poi è la strada o la lingua che si perde,

ricorda che è soltanto un racconto fatto al mondo

di parole messe al centro tra legname e fascine,

e se le insegui, ti ci stanchi o le rincontri,

ci metti dell’impegno e valichi il tuo tempo

scordando nel camino la tua vita da bruciare.

 

 

*

 

 

Informale

 

Nessuno di voi è straripato a vita piena

avanzando un’anima-culla che assomiglia

più a una sedia o a una cella frigorifera                

che a quella di un’abbazia sopra un picco di Dio,

dove avreste saccheggiato la Liturgia delle Ore

senza far niente pur di non cambiare niente.

 

Il sudore traluce sulla mano, dove incontra

questo foglio che a fatica posso dire di aver cambiato

di colore qua e là: seguendo il vostro esempio questi versi

e ogni azione adulta vanno a capo con difficoltà.

 

Ma oggi scrivo il mio nome accanto al vostro,

lo scrivo per intero e di menzogna in menzogna

la mia vita spende un’ora più sincera

sapendovi felici perché i frutti della specie

hanno evitato il male rattrappito alle radici.

 

Perché di voi resti il ricordo e tra tutte le mancanze

si mantenga un amore invischiato eppure grande  

che ancora esiste e non morirà di voi.  

 

9/8/2008

 

*

 

 

 

Le due di mattina

 

Schiarisciti la mente perché se guardi la mia casa

ci trovi solo uccelli che schivano l’aria dall’interno

e senza più ragnatele e radio d’anteguerra

sembra proprio una casa qualunque e indolore,

 

e in ogni ora del giorno e della notte

non si sogna e non si dorme per un frastuono

di finestre sbattute che martellano il solaio e

i calcinacci che piovono dal cielo

ci impediscono di entrare e di restarci:

 

siamo rimasti in pochi a mendicare una legge

divina dentro libri che rifiutano d’aprirsi:

sono le tarme i veri esperti di civiltà e ragione

per orientarsi in una casa che ha cancellato,

senza permesso, ogni spazio tra le stanze e le strade

che alle volte ci portavano qui.

 

Guardiamo ormai alla terra come a una giovinezza,

una salvezza, una coscienza di non pensare

che crollata una casa anche le altre

non tarderanno troppo a imitarla.  

 

 

*

 

 

Sono come un monaco

che guarda da una grata

l’aria che implode

non posso fare niente

la terra è una scossa

una fitta la inchioda

fin dove si vede

rimango in silenzio

ma senza pregare

aspetto sul niente.

 

 

 

*

 

 

 

Il guscio

 

Anche l’uomo, come la lumaca,

ha bisogno di una casa da portarsi

sulle spalle, o di un libro

nel quale abitare per farsi

compagnia con i caratteri e vedere,

magari, nel bianco della pagina,

la fine della vita.

 

Se esistesse una conca nel mare,

colore dell’oceano e più grande,

ma di poco, di una cloaca,

lo ritroveremmo lì, dopo millenni

di purghe e sofferenze,

salvati o condannati dalle smanie

lunari delle maree o dall’arrivo

dell’abisso e del suicidio.

 

Dovendo restare senza un guscio

protettivo, deve sbilanciarsi,

lanciare pietre all’aria, armarsi,

litigare, soccombere all’amore

e per sentirsi nel lusso dei colori,

essere fiacco per restare in piedi.

 

*

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