Tu sei qui: Portale PIAZZA 3 CASA DELLO SCRIBA Lusmie Malacoda, l'arcidiavolo del prete

Lusmie Malacoda, l'arcidiavolo del prete

V.S. Gaudio

Fiaba di frontiera ai confini del secolo e della moralei

 

 

Malacoda

 

 

●Herb Ritts, Gitanes

 

Un giorno, sul finire dell’estate, quattro zingare vennero dal parroco del paese e gli chiesero di dar loro assistenza o, in mancanza, un po’ di elemosina.

Il prete lo fece volentieri, e le zingare tornarono.

Dopo qualche giorno, una delle giovinette cominciò a sorridere al parroco e a fargli intendere che non le sarebbe dispiaciuto dargli un po’ di piacere.

Il Catechismo degli adulti, per spiegare ai cattolici come comportarsi, nell’autunno del 1994 non era ancora uscito.

Comunque, dal 1993 c’era in giro il Catechismo della Chiesa Cattolica a firma dei cardinali Ratzinger e Maggiolini, ma il parroco del nostro racconto non aveva avuto il tempo di consultarlo, indaffarato com’era per la sua parrocchia.

La giovinetta aveva tre sorelle e, quantunque fosse solo sedicenne, anche un marito.

Quantunque fosse di aspetto leggiadro, nonostante avesse un che di selvatico, non si può dire che scatenasse una repulsione incontenibile, né parve al parroco che, sotto quelle mentite spoglie, si celasse il diavolo.

Né pensò, il prelato, che quello sguardo un po’ malandrino fosse opera del demonio.

Quando la giovinetta si mostrò, il parroco non vide l’angelo delle tenebre, né lo spirito immondo, quando gli accarezzò il fallo non pensò che la mano della giovinetta fosse un piede caprino, quando tirò su la veste non s’avvide del mantello, né sentì odor di zolfo e pece, né la puledrina gli parve Cagnazzo o Calcabrina.

Né pensò di commettere atti impuri quando la zingara fece sborrare il suo cazzo, e non pensò che stesse desiderando la donna di un altro quando le passò il pene eretto tra le natiche.

Né pensò di peccare amando la gitana: non fece lo stesso Orfeo Orfei, un prete missionario in Montenegro, che si innamorò di Véka Torevic, se la sposò trascinandosi dietro orsi, rinoceronti, scimmie e galli, per dar vita alla famosa stirpe circenseii?

Né pensò che non potesse amarle tutte e quattro.

Nel dare ospitalità e protezione alle nomadi, il buon prelato si sentì come papa Martino V quando emise un salvacondotto a favore del gruppo gitano del “beneamato figlio nobiluomo Andrea” affinché potesse andare senza impedimento sia per terra sia per mare.

Anzi, stava aiutando la stirpe di Andrea o di Michele e, come promise Martino V papa nel 1417, avrebbe trovato rimessi metà dei suoi peccatiiii.

L’altra metà, l’avrebbe avuta rimessa dando sollievo e gaudio alle quattro anime bisognose di menargli l’uccello.

In un manuale dei confessori del secolo scorso, i “movimenti disordinati” possono essere gravi o lievi:sono gravi se inducono un pericolo prossimo di polluzione; lievi,se il contrario.

Sì, si disse, è peccato mortale il compiacersi volontariamente in questi movimenti pur se lievi,ma vanno immuni dal peccato se i movimenti non dipendono dalla volontà propria, né in se stessi, né nella loro causa, e se non si acconsente menomamente.

Le quattro giovani, prese da questa prava consuetudine, intanto induriscono lo spirito, inebetiscono, disperdono la virtù e disdegnano la religione.

L’indole di Lusmie, la più portata alla lussuria della polluzione volontaria e qualificata(che contiene, oltre alla sua malizia, l’immagine del fantasma, la partecipazione passiva o attiva dell’interagente nell’atto), divenne “malinconiosa” e inetta a qualsiasi proposito tenace.

Questa esecranda abitudine fece vanamente disperare il confessore e l’agente, che usò somma prudenza e grande zelo affinché l’infelice potesse accostarsi con frequenza al sacro tribunale della penitenza e attivare sovente il buon proposito.

Ma le ricadute avvengono per malizia, difetto di volontà o violenza di tentazione.

Nel differire l’assoluzione, e lottando contro una tirannica libidine, soccorrendo la disgraziata penitente, cercò, il buon prete, di soccorrerla per ammetterla alla grazia dell’assoluzione.

Buon per lui che il prelato non fosse a conoscenza delle norme esecutive dell’assoluzione, contemplate in Le Leggi dell’Ospitalità di Pierre Klossowskiiv, quando Roberta sente confondersi in lei “e la turgidezza dell’assoluzione e l’elasticità della pena”; altrimenti sarebbe stato indotto a cercare di assolvere la peccatrice con la mostruosa nequizia della sodomia!

E lui, il caritatevole pastore, pur conoscendo le gravi pene decretate dal Diritto Canonico contro i preti sodomiti, con lo stesso zelo veemente, con cui i Santi Padri della Chiesa inveirono contro questo delitto, pur di annettere la zingarella alla grazia dell’assoluzione, avrebbe sopportate anche le pene previste dalla bolla Horrendum illud scelus di Pio V per i preti che peccano di sodomia.

Ma v’è, nella confessione del prelato, la certezza del commercio carnale avendo toccato le fanciulle.

Tra le diverse specie di lussuria, di cui disserta il Manuale di Monsignor Bouvierv, si parla della fornicazione(semplice, con concubinato, da prostituzione), dello stupro, del ratto, dell’adulterio, dell’incesto e del sacrilegio.

Raimund ha peccato di fornicazione semplice, che si esercita transitoriamente con una o più donne.

Raimund ha commesso peccato mortale e non possederà il regno di Dio.

Raimund ha peccato di concubinato, perché, dando ospitalità ha attuato il commercio fra un uomo e più donne libere, convivendo come se fosse in matrimonio: è abituale, nella coabitazione anche non continua, la disposizione della specie a peccare.

Il Concilio di Trento decretava gravi pene contro i preti che si danno vergognosamente a questo vizio.

Si può parlare anche del peccato della prostituzione in quanto è cosa certa che la corruzione è stata eccitata, favorita e facilitata dalla madre e, nel caso di Lusmie, anche dal marito.

Non si può parlare di stupro, né intendendolo come “illecita deflorazione d’una vergine”(Non avevano, Lusmie e le sorelle, conservato l’interezza della carne), né intendendolo come commercio carnale illecito, che rechi ingiuria ai parenti della fanciulla, la cui incolumità era affidata alla loro custodia.

I peccati, dissertano i teologi, si specificano contrapponendoli alle virtù contrarie e perciò “non s’ingiuria chi sa e vuole”.

Qui, è obbligatorio dichiarare che Raimund, ospite gradito, giudicando Lusmie “diavolo tentatore”, non aggiunge malizia mortale alla semplice fornicazione e quindi, pur avendo toccato anche con la verga le parti intime delle fanciulle, non ha commesso stupro, in quanto le fanciulle erano già sulla via della prostituzione, con la facoltà di coloro che sanno e vogliono, e perciò non hanno menomamente la facoltà di fare una rinuncia contraria al proprio pudore, alla propria volontà, ai propri dispositivi di sessualità e di alleanza.

Se, esclusa Lusmie in quanto “diavolo tentatore”, le altre tre sorelle siano state oggetto della libidine del parroco pur con qualche forza o violenza, si può sempre supporre che, tra le specie di lussuria consumata, si debba computare anche il ratto.

Una donna può essere forzata nel luogo stesso ove si trova e la violenza può essere fisica e può essere morale, questa se fatta ad una minorenne inventando un timore assolutamente o relativamente grave, o con importune preghiere o con blandizie o incitamenti alla sensualità.

Che le tre fanciulle siano state blandite o incitate alla sensualità è fuor di dubbio.

Allo scopo di saziare la libidine, e non allo scopo di arrivare al matrimonio.

Sedotte dalla madre e dal parroco?

In ogni caso, il ratto, così definito, è anche una grave ingiuria verso la persona a cui si fa violenza.

E veniamo al sacrilegio, che è la violazione d’una cosa sacra con atto carnale.

E’ una specie complicata di lussuria.

La persona consacrata a Dio è, apparentemente, Raimund, che, per ammettere che sia caduto in tentazione(e vorremmo vedere se fosse stato il contrario…), si è fatto reo di sacrilegio ogniqualvolta commise un peccato contro la castità.

Lo stesso fece Lusmie, che peccò con la persona consacrata a Dio.

Raimund commette, però, doppio peccato di sacrilegio, perché svolge solenne professione religiosa.

I dottori della Chiesa ritengono che la circostanza che gli atti venerei avvengano in luoghi sacri aggrava la malizia del sacrilegio.

E di più ancora perché uno degli incontinenti è persona sacra a Dio.

Ma se fosse possibile che il prete, per le leggi dell’ospitalità, e anche perché fu preso d’affetto per le fanciulle della stirpe di Michele e Andrea, memore del salvacondotto di papa Martino V, considerasse Lusmie degna persona consacrata a Dio, come se, appunto, il salvacondotto o altra bolla papale fosse equipollente del ricevimento di un ordine sacro o di un voto solenne, allora, essendo Lusmie persona a Dio consacrata, è Lusmie che si è fatta rea di sacrilegio ogniqualvolta masturbò il prete.

E, dunque, chi ha a cuore l’amore della Chiesa deve essere angosciato, udendo che v’hanno preti che si avvoltolano indegnamente nel fango, celebratori di altissimi misteri e provocatori di bassissime turpitudini?

O chi ama la gloria del Signore deve essere compreso d’angoscia, udendo che le beneamate figlie della stirpe dei nobiluomini Michele e Andrea consacrate a Dio ebbero ardori lascivi, invece di salvare l’anima, convertono il divino ministero ad esse affidato in istrumento di perdizione?

 

La storia è incredibile, ma è sostanzialmente vera.

Veri i personaggi, vero l’oltraggio alla Chiesa, vissuti i peccati.

La fiaba è una fiaba in quanto tale, manipolata secondo la storia accaduta e che narra corruzioni, lussurie ed empietà.

La fiaba è stata rinvenuta tra le carte di Raimund e reca il titolo:

 

Malacoda dell’Uccello Sacro

 

Una donna viveva con il marito, le sue quattro figlie e i mariti di due di queste.

Costretti dagli dei ad andare esuli, un giorno arrivarono a N., in provincia di Bolzano, dove, dopo tre giorni, conobbero il parroco.

Il parroco lodò le virtù e la bellezza delle quattro figlie, e dette senso alla sua ospitalità dicendo alla madre che sarebbe stato felice se una delle figlie avesse potuto fermarsi da lui per una notte.

La donna gli rispose: “Prendi quella che più ti piace”.

Il prete prese la figlia minore.

Il giorno dopo, la madre, le tre figlie e i mariti andarono a salutare la figlia e la sorella minore.

Il prete le disse che sarebbe stato felice di ospitare per la notte un’altra figlia.

“Prendi chi ti piace”.

E il prete scelse la figlia media.

Passò la notte e il giorno dopo, la donna si recò dal prete assieme alle altre tre figlie.

Il parroco le disse che sarebbe stata ospite gradita un’altra figlia.

Il giorno dopo accadde la stessa cosa e, quindi, toccò a Lusmie.

Non appena fu sera, la concupiscenza si impossessò di Lusmie, che non era una zingara ma il Drago in persona.

L’assatanata, con le arti demoniache della lussuria, possedette il pover’uomo per tutta la notte.

La diavolessa cavò dal fallo del prete 9 polluzioni.

La mattina venne la madre della diavolessa e bussò 3 volte.

Il prete domandò: “Chi è là?”

“Aprimi, ho la brocca vuota”.

Entrò e posò sul tavolo la brocca.

Il prete contò tre monete d’oro per polluzione e ne versò 27.

La madre di Lusmie chiese se Lusmie fosse stata ospite accondiscendente.

Il prete disse che mai ospite fu tanto gradita e grata.

Perciò supplicò la madre di Lusmie di farla restare per un’altra notte.

La mattina dopo, la donna bussò 6 volte.

“Chi è là?”

“Aprimi, ho la brocca vuota”.

Il prete contò sei monete d’oro per polluzione e ne versò 72.

Così Lusmie rimase ancora una notte.

La mattina, la donna bussò 9 volte e il prete contò nove monete d’oro per polluzione e gliene versò 135.

La mattina del 7° giorno di ospitalità la brocca era colma.

Il prete, così, si era venduta l’anima al diavolo.

E Lusmie, con la madre, il marito, le tre sorelle e il cognato, si rimise in cammino per espiare per altri sette giorni in un altro borgo condannata a fare la Bestia Immonda che tira l’Uccello Sacro.

 

 

Nella storia in cui si pecca contro il sesto comandamento del Decalogo, e la cui proposizione finale è : “La lussuria è per se stessa un peccato mortale”, i principali e più scellerati personaggi, che non padroneggiano i sensi e non pensano all’inferno, sono:

 

  1. la madre delle quattro corrotte fanciulle:Paula Schopf

  2. il prete intemperante e noncurante dei pericoli dell’onanismo

  3. il diavolo tentatore, Lusmie, lasciva e libidinosa

  4. il marito di Lusmie, un cornuto che prospera per l’eretismo della moglie.

 

Uno strumento per analizzare la semantica psicologica dei personaggi, visti i pochi elementi a nostra disposizione, è l’alfabeto numerologico della Rosa-Crocevi.

Ricercando i valori numerici corrispondenti al nome e al cognome dei personaggi, potremmo fare qualche considerazione più profonda sulla dissolutezza che li ha accomunati.

La madre è una numero 3; il prete è un numero 1; Lusmie è il 4; il marito è un numero 2.

Sembra che il prete(1), per arrivare al diavolo tentatore(4), debba ottenere il consenso del marito(2) con l’assenso della madre(3).

I punti estremi sono il fallo del prete(1) e il corpo del diavolo(4): la sconvenienza, la sfrenatezza, l’abiezione stanno in mezzo.

Il numero 3 è la donna d’affari, concreta,pratica, intuitiva e decisa: vede i fatti come stanno ed è capace di concludere. Ha virtù stimolatrici.

Il numero 4 è disposto ad ascoltare i consigli, ma è fermo nel seguire i propri impulsi. Arrivista, sa avere ragione delle emozioni e delle passioni. Consapevole della sua forza, vuole espandersi e arricchirsi, sa persuadere, raggiunge gli scopi.

Il numero 2, di fronte alla forza del 4, è il cornuto sereno e comprensivo, il superficiale e mediocre egoista.

Il numero 1, come fallo da allietare per la sicurezza che darà, è la volontà al servizio del male. Stimolata la sua sfrenatezza dalla 3, l’1 diventa il “Matto” dei Tarocchi, si infatua, inizia l’avventura, la passione diventa ossessione, si fa mania. La sfrenatezza allenta i cordoni della borsa e i limiti negli atti.

La compitezza e l’abilità di Lusmie fanno il resto: lo smarrimento e l’inganno sono specchio della lussuria del prete che, per gli spaventosi effetti della masturbazione descritti anche da Ippocrate, divenne pallido, lascivo, cupido, sfibrato, pigro, stupido, ed anche imbecille.

Da non dimenticare che il 4 è il numero della ricchezza, e ci si arricchisce anche facendo seghe.

Il 3 è il numero dei tutori e dei ruffiani.

Il 2 è il numero degli ammosciati e dei sognatori, dei cornuti e dei pataccari.

L’1 è il pollo, il piffero da suonare.

 

La Madre

 

P=8x5=40

A=1x4= 4

U=6x3=18

L=3x2= 6

A=1x1= 1

69

S=3x6=18

C=2x5=10

H=8x4=32

O=7x3=21

P=8x2=16

F=8x1= 8

105

 

Star69+105= 6+9+1+0+5=21=2+1=3

 

Lusmie

 

L=3x6=18

U=6x5=30

S=3x4=12

M=4x3=12

I=1x2= 2

E=5x1=5

79

 

S

C

h

O = 105

p

f

 

Star79+105=7+9+1+0+5=22=2+2=4

 

Il Prete

 

R=2x7=14

a=1x6= 6

i=1x5= 5

m=4x4=16

u=6x3=18

n=5x2=10

d=4x1=4

73

 

F=8x7=56

e=5x6=30

d=4x5=20

e=5x4=20

r=2x3=6

e=5x2=10

r=2x1=2

144

Star73+144=7+3+1+4+4=19=1+9=10=1+0=1

 

il marito

 

E=5x5=25

l=3x4=12

v=6x3=18

i=1x2=2

s=3x1=3

60

c=2x7=14

o=7x6=42

l=3x5=15

o=7x4=28

m=4x3=12

b=2x2=4

0=7x1=7

122

 

Star60+122=6+0+1+2+2=11=1+1=2

 

V.S.Gaudio

 

[ Questo testo è la 1^ parte di:(tit. or.): Lusmie Malacoda l’arcidiavolo del prete. Fiaba di frontiera del ’95 con Test per i peccatori di lussuria, contenuto in : V.S.Gaudio, Druuna e il culo di Gnesa. Storie falliche e amorose indagini con un test, © 1996-1999]

i Cfr. il fatto di cronaca di cui a: Giancarlo Ansaloni, Il parroco confessa gli incontri a luci rosse, in “La Stampa”, 30 ottobre 1995: leggi qua : → http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/action,viewer/Itemid,3/page,0009/articleid,0681_01_1995_0292_0009_9211864/

ii Cfr. Enrico Groppali, Moira, regina del Circo, a capo di un impero fondato da un avo missionario e da una gitana, in: “Il Giornale”, 2 febbraio 1995.

iii Cfr. Paolo Pittaluga, Vita dura da zingari, in “Il Giornale”, 27 gennaio 1995.

iv Pierre Klossowski, Le leggi dell’ospitalità, trad. it. Sugar, Milano 1968.

v Monsignor Bouvier, Manuale dei Confessori, edizione italiana Bastogi Editore Livorno, 1974, come ristampa anastatica dell’edizione di Roma 1885.

vi Per l’alfabeto numerologico a cui attenersi per il calcolo , e le stesse modalità di computazione, vedi: nota 1 in: V.S.Gaudio, Tipologia di Druuna. Antropometria e numerologia della protagonista di una storia a fumetti, in: “Lunarionuovo”, Nuova serie n.12, anno XXVI, novembre 2005.

 

Azioni sul documento
Navigazione