Gli anelli di Saturno - Geometria del tormento
Alessandro Gaudio
21. Geometria del tormento
Anche quando sceglie di riprodurre il resoconto cronachistico della realtà come nell'Imitatore di voci (l'edizione originale del libro poi tradotto per Adelphi da Eugenio Bernardi è del 1978), Bernhard (che è nato nel 1931 in Olanda, ma da genitori austriaci, e che in Austria è cresciuto) parla di quanto malate, illusorie e antagonistiche siano tanto la nostra identità quanto la nostra esistenza. Per narrare questa natura così tormentata, egli ammette che sia retta (qui e, come si vedrà, molto spesso anche altrove) da un principio geometrico che suggerisce una corrispondenza tra i diversi aspetti del mondo e, subito dopo, ne dichiara apertamente le contraddizioni (del resto, è stato Claudio Magris, già nel 1977 sul «Veltro», a parlare di «geometria della tenebra» e di «spartito della follia» a proposito dell'opera di Bernhard). Del funzionamento e dell'autonomia di tale costruzione dirò quando mi occuperò del bellissimo romanzo intitolato La fornace (la prima traduzione italiana di Magda Olivetti è del 1984; come quella del 1991 è ormai pressoché introvabile); questa volta, invece, fisserò la mia attenzione sulla funzione che Bernhard, nella ricostruzione dei fatti, attribuisce all'immaginazione che, secondo lo scrittore austriaco, sarebbe l'unica forza in grado di reagire all'esaurimento totale: è per questa strada che si arriverà a capire che l'intero edificio umano, tanto quello scritto quanto quello non-scritto, è volto all'inganno, all'incoerenza, alla ripetizione, all'antinomia.
Lucio Fontana, Concetto spaziale, New York 10, 1962
Si
può cogliere quel principio in
due esempi tratti dagli oltre cento brevissimi romanzi raccolti
nell'Imitatore di voci (l'edizione cui si fa riferimento è del
1999), tutti peraltro caratterizzati dalla presenza simultanea di
simmetria e asimmetria. Il primo s'intitola Sosia e narra di un
individuo dall'aspetto straordinariamente somigliante a quello del
presidente della Jugoslavia: egli propone alla cancelleria di Stato
di Belgrado di sostituire il presidente «nelle incombenze che [...]
non [è] strettamente tenuto a svolgere di persona» (p. 143).
L'uomo, originario di Trebinje, a tre anni dalla sua proposta, è
irreperibile. Calunniatori − spiega Bernhard − sono coloro che
ritengono che «da un pezzo l'uomo di Trebinje abbia assunto le sue
funzioni nella capitale jugoslava» (ibidem); d'altro canto, sono
chiamati calunniatori anche quelli che pretendono di sapere «che
l'uomo di Trebinje è stato messo in prigione o ricoverato in un
manicomio o fatto fuori da un pezzo» (p. 144). La conclusione è che
tutti gli jugoslavi sono calunniatori.
Il
secondo racconto, Novecentonovantotto volte, parla di uno studente di
ginnasio che, preso «da quella che lui stesso avrebbe definito una
feroce fobia della scuola» (p. 163), non sarebbe più riuscito a
scendere dal ponte di Floridsdorf, arrivando a percorrerlo «un
migliaio di volte in un senso e nell'altro» (ibidem). Non avendo
potuto conteggiare i suoi passi, distrazione superiore alle sue
forze, il ragazzo sedicenne decide di contare quante volte ha
percorso il ponte, «esattamente novecentonovantotto volte»
(ibidem), prima di cadere stremato tra le braccia degli agenti di
polizia. Sarebbe impossibile desumere quale sarà il futuro dello
studente a partire da questa storia ed è effettivamente questa la
riflessione cui perviene Bernhard nel chiudere la narrazione dei
fatti: tuttavia, non si può escludere in modo assoluto che proprio
in questo singolare episodio sia racchiuso tutto il senso della vita
del ragazzo; oppure che in esso risieda un più generale senso
adolescenziale di smarrimento e di inquietudine; oppure che la realtà
sia da ritrovare nell'insieme delle supposizioni qui proposte.
Questo continuo oscillare tra pensieri opposti − ripete incessantemente Bernhard − mi fa quasi impazzire; nondimeno, è proprio qui che risiede lo spirito complesso, contrappuntistico della realtà: in essa il verosimile, l'incredibile, l'assolutamente incredibile sono tutte alternative ugualmente probabili; oppure esse sono improbabili in egual misura; oppure è l'accurata e pacata osservazione della realtà che prevede il succedersi di questi stati così discordanti tra loro che determina, in fin dei conti, la direzione della mia vita.