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L'ArTeatro di Paola de' Cavero

V.S. Gaudio

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Modalità funzionali dell’interazione Paola de’ Cavero-Shakespeare

1.Il pluridimensionale è anche l’accesso al luogo immaginario
Dove c’è un addensamento sembra che si operi a simulare, viceversa il topos della dissimulazione sembra che sposti la maschera, di pari passo tra sembrare ed essere c’è la coincidenza topica che mette in atto la difesa; la densità, più che altro, non s’annuncia in scena, si modula a carica di innesti, come profondità del corpo lo specchio ne è la superficie, a disponibilità di rimandi è a riflettere il centro e il vuoto a conferma dell’identità che sdoppia; di questa pulsione, la distribuzione stessa degli atti ( in questo caso l’azione si correla all’espansione dei feticci ) abitua agli avvenimenti, la propria storia si legge nella relazione dei quantificatori e la relazione dei quantificatori  non è, tanto, la flessione al modello, quanto l’intreccio delle variabili negli stessi  items di polarità.
In ciò, l’intenzionalità diviene la performance della difesa.
Ad assunzione di condensazione è la forma che si sposta: nella forma, cioè, si spostano i quantificatori dell’intenzionale, la stessa performance della difesa ha luogo in un contesto etrangé; il tema di questa proiezione è la partecipazione, con la propria referenza feticistica ( si retroattiva il fantasma ) alle identità (l’economico dei personaggi) che sono la profondità in cui si contiene  il mito personale di quell’alter, eletto a radice delle proprie varianti.
Il fondo si erige ad evidenza di differenziale di tempo, i nessi si appuntiscono a leggersi in una continuità che lega l’orizzonte al deserto del farsi, l’ampliamento della propria tensione traduce la nudità del corpo e la difesa dell’occhio, il pluridimensionale è anche l’accesso al luogo immaginario, ed è soprattutto in tale localizzazione che si va ad inscrivere la finzione che struttura favola e storia; il segno per caricarsi del tempo viene a costituirsi come intreccio fantasmatico del feticcio, ma la struttura del feticcio serve a cristallizzare i propri fantasmi sul corpo economico dell’alter: da ciò avremmo indicazioni per l’attualizzazione formale dell’intenzionalità.

intenzionalità
spostamento
condensazione
A movimento di condensazione
Forma etrangée
Contenuto storico

 

  

2.Il sistema della trama
Dall’interazione della forma a straniamento con la storicità del contenuto, lo spostamento non rende il tempo pluridimensionale ma condensa un fuori-tempo per l’attualità intenzionale, gli estremi appartengono al fantastico proprio perché il quantificatore contestuale differenzia l’ideologico e lo storico, da una parte, come crescita del mito personale; il mito e il socius, dall’altra, come rappresentazione (ideologica) della propria voluptas, ciò è evidente dagli innesti sulle proiezioni di una identità( Shakespeare, nel caso) delle proprie istanze parziali, lo storico li divide a ragion di tempo in cui il mito collettivo dell’uno s’assomma sullo scheletro(nomica dei personaggi) del mito collettivo dell’altro. Pertanto, il sistema della trama verrebbe a comporsi così:

Forma dell’espressione
Indici di polarità
Forma del contenuto
Elementi materici, ovvero
estratti della propria storia economica
Dimensione variabile
Forma: quadro
Colore relativo alla sostanza degli annessi materici
Si denota a fruizione di tempo la proiezione fantasmatica dell’ operatore sulle ragioni contestuali e storiche del rappresentato
 
Il sistema linea, colore, trama, per cui anche le denotazioni semiche del sistema di opposizioni lineari, si sottraggono ad una ricognizione per le interazioni di trama suesposte, ecco perché la lettura del fantastico deve porsi oltre lo stesso spessore dell’estensione e dell’intensione, del contorno e dell’interno, la morfologia del mito non ha niente di analogo alla morfologia del segno.
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3.La mancanza dell’Edipo e la sfera del predicato
L’estrapolazione temporale comporta trasformazioni atte a cambiare la significazione, quindi assistiamo alla utilizzazione di variabili nella sintassi di Shakespeare che modifica il trattamento formale dei quantificatori; la nominazione, per il valore affettivo che esprime, è essenzialmente espressiva, così alla identificazione dell’oggetto ( quel tale personaggio) si aggiunge, per il senso, il valore extranozionale; la stratificazione, a contagio è semantica, tra il filtro barocco e le allusioni al sontuoso, il tropo non sta nella continuità[i] ma nel nucleo che utilizza le caratteristiche fluttuanti di ordine spazio-temporale e sociale, per la contiguità di senso avremmo un accorciamento per i trasferimenti composti una permutazione(vedi Ullmann e Stern), quindi la variabile della metonimia verrebbe a fare i conti con la costante affettiva del mito; in sostanza, la nominazione intenzionale, dai limiti estremi del desiderio, si esplica sull’oggetto lasciando che l’inferenza venga ad attuarsi sull’espressione della forma. A dirla con Admoni, per il criterio semantico-funzionale, per l’espressività avremmo una sorta di proposizioni rinforzate sul neutro dell’affettivo, sembra che il rimando tocchi la profondità che supporta la mancanza dell’Edipo, cioè ne muove il dietro come movente che maschera Amleto: a tal pro, certi rimandi ad Amleto ed Edipo di Jean Starobinski(in:Idem, L’occhio vivente, trad. di Giuseppe Guglielmi, Einaudi 1975) sarebbero da additare come livelli di flessione che centralizzano il “fantasma retroattivo”, anche per rendere funzionale la negazione che si legge nell’ incompiuto del pater-fantasma, la pulsione che si legge come scena postula una ontogenesi ad imperativi mitici; ancora il modello potrebbe avere: a) una sfera del predicato, come impronta della radice della forma e della sostanza dell’espressione, i cui b) componenti starebbero ad indicare i fattori attributivi di complemento e di verbo della sfera, tanto che il soggetto verrebbe a riconoscersi come identità dai nessi libidici a circolo di mater, da cui la fragilità degli annessi materici pone la stabilità che se ne ricava a distanza, la lettura degli usi dello scarto visivo riesce a contenere gli stessi elementi temporali che dalla forma del contenuto rimandano alla trama degli Erlebnisse dell’autrice.

4.Il buco della retorica della tragedia
Stabilità e distanza si correlano come frangia costitutiva dei significanti della mater, l’uso visivo si legge a ragione anale con le evidenze difensive supportate dalla costituzione soggettiva; i complementi dell’effimero appartengono allo storico, anche se questo si legge sul filtro che raccoglie il buco della retorica della tragedia.
Il buco della retorica della tragedia è attuato a senso e rilievo del nucleo cognitivo di quel soggetto che, alla Piaget, è da dirsi epistemico. Il buco della retorica correla gli stessi items della tragedia, la coniugazione delle figure restringe le proiezioni sensoriali dell’uso, le considerazioni dell’unità del relativo combinano l’ azione alla tensione atemporale dello stato, il processo come radice lessicale seleziona le stesse inflessioni che innestano la relazione.
Certamente, il nominale è forse più leggibile della specificazione di verbo, ma la condizione incoativa viene a reggere le unità di derivazione come funzioni del definito implicato dal fuori-tempo dell’alter.
La denotazione dell’oggetto non è referenziale se non per l’identità del pannello[vedine la serie per Coriolano (plexiglass, carta metalizzata), Timone d’Atene (legno), Troilo e Cressida (carta metallizzata, rame)], lo scomodo di questa enunciazione è attributiva per la virtualità di connessione che abbiamo già notato.
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5.Prossemica nell’interazione dislocata
Distanza Occhio-Quadro
Senso
Pubblica(oltre i 3 metri)
Personale-intima
èstabilità
èfragilità
 
La ricognizione a distanza della stabilità avverte di un procedimento che è, essenzialmente, legato all’uso e alla dislocazione temporale degli annessi materici; la distanza per la stabilità si erige a fondo della fruizione di Shakespeare ( o di Molière), la dilatazione finisce con l’essere una distensione nel tempo dei propri Erlebnisse.
C’è da chiedersi quali siano le coordinate che l’attributivo erige a senso e a misura del locus etrangé. Il referenziale, lo sappiamo, attraversa il cognitivo ma non il pluridimensionale, l’attributivo affronta il cognitivo, lo arcua nel pluridimensionale ma si flette nell’affettivo.
In pratica, in ogni interazione che esce dallo storico, dai punti della sincronia, il primo interagente cresce su un fuori-tempo(che appartiene all’ombra dell’alter) su cui radica le connessioni del sé; queste stesse elaborazioni, per l’estrapolazione temporale, riescono ad uscire dal contesto dell’ombra anche se certamente non riescono a variarne la costante espansionale (frangia degli usi meridianici dell’io).
Nel caso dell’interazione Paola de’ Cavero – Shakespeare, la costante espansionale è di tipo sensoriale, la sensorialità ha una concrezione lineare che rimanda la cronia alla sua urgenza materica, l’occhio su De’Cavero-Shakespeare, nella prossemica indicata, nota la trasparenza dei limiti del segno, il segno è reso recepibile al di là della sua stessa forma, così sulla rigidità ambigua dei personaggi di Shakespeare si stende l’ambivalenza del segno-cosa di Paola de’ Cavero. Qui, l’ambivalenza non ha più linguaggio pluritematico, anche perché non ha né referenza né tema.

 

 
[i] Il sistema (IV) delle regole costitutive di Eliseo Verón  in Pour une sèmiologie des operations translinguistiques, in “VS” n.4, Bompiani 1973, non ha niente a che fare con la rappresentazione analogica della de’ Cavero. Peraltro è chiaro che il senso che noi vogliamo dare si espone per una vidimazione che supera i principi di organizzazione percettiva. La mostra di pertinenza è quella del luglio-agosto 1975 tenuta a Verona nell’ambito dell’Estate Teatrale Veronese: “Paola de' Cavero : arte come teatro : proposte per Shakespeare” . Se ne ha documentazione in catalogo per Cappelli , Bologna 1975, 23 x 24 cm. Consultabile presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Non è rintracciabile online alcuna riproduzione delle opere di questa grande artista, né l’estensore del saggio ne ha in archivio documentazione in qualsiasi forma. Se si esclude un ritratto del poeta nella forma di un primo studio eseguito il 13 marzo 1977.
 
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© v.s.gaudio 1976
 
 
 
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Pittura ad acrilico e collage in tessuto,
carta, piume, specchio su plexiglas.

Paola de' Cavero
©1975,  cm. 82 x 62
Galleria d'Arte Moderna Palazzo Forti, Verona

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