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Antonio Spagnuolo, Misure del timore, Kairós ed., 2012

Francesco Politano

Misure del timore è un’antologia poetica che comprende componimenti quasi sempre di ampio respiro, tratti da ben dieci testi editi e in più 26 nuovi che danno il titolo all’intero libro. Si tratta di poesie realizzate tra il 1985 e il 2010, in 25 anni di autentica creatività, dove il poeta si muove fra tradizione ed innovazione, eros e thanatos, realtà e sogno, io e mondo, finzione e verità. Sono fratture o frammenti che sembrano ricomporsi nelle “ misure del timore”, in uno spazio e in un’atmosfera vivi, a volte incandescenti, giammai banali. Già il titolo e la stessa copertina, riguardando valutazioni che includono lo spazio il tempo (‘misure’) nonché preoccupazioni esistenziali (‘timore’), risultano appropriati e significativi.

La poesia di Spagnuolo, che “è legata all’inconscio e l’inconscio è il luogo della poesia” (cfr. l’esergo), si dipana, da Candida fino a Fratture da comporre e Misure del timore, aspra e insieme dolce, sensuale e angosciosa, delusa e trasgressiva, mediante un linguaggio originale e netto, preciso e scientifico ( dunque, mai separato dalle cose), tra suoni ed immagini differenti.

L’autore lascia, inconsciamente, al lettore attento tracce varie per tentare di comporre il puzzle dell’umana esistenza. Oltre al già citato esergo, egli infatti parla, in apertura e in chiusura del suo libro, di assenze ( cfr. l’attacco “ Manca il sapore pieno della sera” in “ Trucchi” da Candida) e del “lamento delle manchevolezze” ( cfr. la penultima strofa di “ Rami di mirto” in Misure del timore) a cui s’aggiunge, subito dopo, l’avverbio con valenza negativa “ inutilmente” ( cfr. l’ultima strofa del componimento citato). E non si dimentichi le voci “rimpianto”, unito ad una “segreta malinconia”, e “ rimorso” in Fratture da comporre o gli altri sostantivi “ pudore” ( cfr. “ La mia mano a Ganescha” in Candida e “candore” ( cfr. “ Candida” nell’omonima raccolta).

E’ costante poi, nelle sue opere, la presenza della figura femminile ( in genere la donna amata) che si rivela luce vivida fra terra e cielo, fuoco ed ombra, fonte d’emozioni diverse, nel gioco apparentemente esaustivo dell’eros. E’ perciò , quello di Antonio Spagnuolo, un amore pieno, sensuale e al contempo candido, innocente, che resta attaccato alla bellezza e ai colori della vita.

Nei riti erotici, inoltre, si va dai trucchi alle guglie, ai drappeggi, in luoghi ben definiti( soprattutto Parigi e Napoli), tra incertezze e rabbie, dolcezza e solitudine, malinconia e allegria, ardore e tenerezza, nella fugacità del tempo. Scorrendo i suoi versi ( le sue parole), notiamo che il suo sguardo orizzontale vorrebbe trascendere la realtà, diventare verticale, ma nonostante i suoi tentativi, non riesce ad andare oltre il muro delle apparenze, tra ombre e ricordi, desideri e paure, abbandoni ed ironia, mare e cielo, sole e buio.

Specialmente nelle ultime raccolte, si avverte una certa stanchezza del Nostro ( con le sue umane paure), il quale si convince che non basta più l’eros a riempire il nulla, il vuoto della vita, dando senso al tempo. In particolare, l’ultima raccolta è pervasa dal pensiero della fine, a cui si riferisce un lessico adeguato, comprendente parole-chiave come “ ombre”, “nulla”, “ precipizio”, “fantasmi”, e altre. Vanamente egli allora chiede “ un salmo che colmi il cuore,/una voce che tuoni profezie / e appaghi la tortura dell’ira” ( cfr.” Dialoghi”).

Tutto ciò lo spinge ad un duplice rimpianto: quello del padre terreno e ,in filigrana, del Padre divino. Si tratta di una sorta di amore ruvido, quasi scontroso verso lo scomparso padre naturale e verso Iddio, in un confronto dove l’autore parla in negativo, anche se sembra fluire sotterranea un’acqua che vorrebbe (o potrebbe) rasserenare il cuore del poeta.

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