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Roberto Maggiani, Cielo indiviso, Manni, 2008

Antonio De Marchi - Gherini

Il viaggio come pretesto per un percorso esistenziale inquieto e fidente ad un tempo. Tutto giocato sul panta rei. L’autore cerca di fermare delle istantanee che servano da bussola per continuare nel suo percorso di uomo e di poeta.

Navigazione: Un uomo dal mare/il lucido piede//la caviglia come una chiglia/fende la sabbia imponente. (p.31)

Il viaggio come metafora della vita, ma un viaggio particolare in solitudine interiore.

Il ritorno all’elemento primordiale dal quale, a detta di scienza, tutti proveniamo: l’acqua.

Messaggeri: Ti ho inviato l’oceano/ma non è bastato-/né le moltitudini di alabastro (p.17) e, appunto, l’acqua  rimanda al mare, all’oceano, alle grandi acque, alla Grande Madre, si ricordi la similitudine francese dei lemmi madre-mare, e perché no, alla vergine Maria. Tutti i santuari mariani hanno acque ‘miracolose’.

Forse l’autore si è voluto momentaneamente immergere in queste acque per un imperioso desiderio di conoscenza e di purificazione; ma in tutta la sua corporeità. E d’altra parte non dobbiamo dimenticare che romano d’adozione è nato in terra di mare, o perlomeno vi trascorre lunghi periodi.

La raccolta è attraversata da una sensualità e sensitività esplicita. Gravidanza: Una donna gestante/cinta dalle acque (p.66), ma una sensualità temperata che a volte esplode in inni e canti di gioia al Creatore, Maggiani è uomo di fede e non lo nasconde, ma come tutti ha i suoi momenti di sconforto e aridità, si vedano i testi DestinoLa polvere, Morte…Ma la psicologia e la tanto bistrattata psicanalisi confermano, la conoscenza prima è quella materica, dei sensi. Quella dello Spirito è altra cosa, più ostica, frammentaria. Richiede una dedizione totale. Arriva all’improvviso e se ne va. Pochi i fortunati che riescono a permanere in questo stato di grazia e di beatitudine; i più maligni, poi, concludono comunque che trattasi di stati alterati della coscienza e riportano il tutto, ancora una volta, al biologico tout court, ma questo esula dal nostro ragionamento.

La vita è come un miraggio: proviene da una pioggia invisibile e cade in un mare sconosciuto. I percorsi e le mete a volte coincidono con figure, o tratteggi di profili psicologici di persone incontrate nel suo peregrinare; quasi che l’autore spiasse gli altri…come fanno ad avere la vita ‘piena’ e la conoscenza.

Il testo spinge ad una lettura accelerata che ripetendosi penetra sempre più in profondità. Nell’ambiguo spessore che può avere radice in un incontro fortuito, un fantasma da esorcizzare. Ma il poeta non demorde, da qualche parte il tesoro è nascosto e lui scava, cerca, decifra i segni. Seguire i tracciati, apparentemente in superficie, spesso perso, incantato dalla vastità del mare, ma in realtà è negli abissi che egli fruga, gli abissi marini e quelli più profondi e a volte oscuri dell’inconscio.

Ecco di fronte alla poesia di Roberto Maggiani si ha una sensazione di calma apparente, di attonita attesa, di qualcosa o qualcuno, ma l’acqua, ancora una volta, è ritorno alla madre carnale, a colei che ci ha dato la vita. Anche se il testo apparentemente parla di un’altra madre: Mano di madre//

Immerso nel tuo sonno portoghese/sei indifferente all’andare del sole/ che ruba ombra al suo stare/finché un timido raggio/ s’accosta e t’accarezza la pelle/di placida seta marina/ e con mano materna/insegue le tue morbide linee. (p.33)

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