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Felice Di Giacomo, Canto silenzioso, Edizioni del Leone, 2012

Antonio Spagnuolo

Il percorso che Felice Di Giacomo intraprende con le sue poesie è un percorso singolarmente semplice, quasi ingenuamente segnato , per quel suo proseguire tra figurazioni eteree, o immagini in chiaroscuro, o illuminazioni vaporose, che tratteggiano testi incisi con la grazia del “liceo”.

Il poeta non propone voli pindarici , ricerche azzardate, ingorghi stilistici, ma abbozza sussurri , silenziosi scampanii di carezze, pentagrammi per ritmi sincopati: “Conosco una musica dolce/ di là fra le stelle luccicanti,/ conosco un quadro/ disseminato fra mille pensieri,/ conosco un punto/ dove cielo e terra si toccano,/ conosco un luogo/ dove un giglio profumato e puro/ di giorno han calpestato./ Conosco un posto/ dove vigili pensieri d’agonia/ fremono in fiume azzurro…” –

Il tuffo nella memoria , o il riscontro del quotidiano si piegano agli scalini che le trasparenze virtuali riescono a concepire con metafore e pregnanze. Lo scavo nel divenire lambisce i segreti delle visioni , in una molteplice varietà di recitazione, a volte impressa nella incantata prosa poetica che traspare tra i versi lunghi fuori dalla metrica. Il poeta sa scavare tra i segreti che il rintocco delle campane diffonde per vallate ed anfratti, sa ritrovare il brivido che la pioggia gelida intreccia tra le foglie rinsecchite, sa schiudere i ritagli che l’eco delle onde marine portano a riva , sa riallacciare i sentimenti che il fragile profumo dell’amore effonde tra la sabbia ed il cielo.

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