Ninnj Di Stefano Busà, Eros e la nudità, Ed. Tracce, 2013
Antonio Spagnuolo
La ricchezza di metafore, che affollano deliziosamente questa nuova silloge, è il sussurro colorato che trasforma la poesia in un canto sempre più musicale e penetrante.
Ninnj Di Stefano Busà non è nuova nell’agone contemporaneo, e rappresenta senza alcun dubbio una delle figura più impegnate sia nella ricerca della scrittura, che la distingue per oculatezza e poliedricità, sia nel campo culturale sociale, per la sua dedizione quotidiana alla diffusione della poesia stessa.
Le tre prefazioni che aprono il volume, a firma di Walter Mauro, Plinio Perilli e Arturo Sachwarz, avviano alla lettura in maniera pacata e pregnante, dotate come sono di quel sottile impegno critico, che scava, con intelligenza ed emozione frenata, per evidenziare i pregi di un lavoro condotto in maniera estremamente equilibrato.
Eros ripete in queste pagine ogni suo discreto ed indiscreto piacimento, sfruttando l’improvvisazione della sfida, o la pungente intensità del desiderio, per divenire luce abbagliante e accattivante:
"Fomentare la luce, immaginarla
tra le pieghe del corpo: scivolarvi dentro,
intonarvi una canzone mai indossata,
(udita solo in sogno):
un battere d’ali in un remoto altrove,
oltre i giorni quieti della nudità,
come se fosse l’ultima volta."
E la nudità, che a volte lo stesso Eros richiede impertinentemente, si presenta cauta e ingenua, per prestarsi ad una verità conosciuta e mai reinventata, per rincorrere come un lieve pensiero gli anfratti che le pieghe della pelle riescono a comporre.
"S’intreccia ora all’azzardo
quel vento che odorava di cielo,
come un suono dolcissimo che ti abbandona,
un lembo di carne che si ripiega
nel sonno e coglie il sensuale desiderio
dei corpi."
Gli elementi schietti che si rapportano all’umano sentire, intenso e a volte reso mitico perché soggiogato dalla memoria, sono desideri non immaginari o virtuali ma reali e frenetici che si susseguono tra i versi più trasparenti e impegnati.